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Proteste Iran

Inchinarsi al coraggio

Dobbiamo tenere alta l’attenzione sull’Iran, dove le proteste, nate dai giovanissimi, proseguono. Non finiremo mai di inchinarci davanti al coraggio delle ragazze da cui tutto è partito.
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Inchinarsi al coraggio

Dobbiamo tenere alta l’attenzione sull’Iran, dove le proteste, nate dai giovanissimi, proseguono. Non finiremo mai di inchinarci davanti al coraggio delle ragazze da cui tutto è partito.
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Inchinarsi al coraggio

Dobbiamo tenere alta l’attenzione sull’Iran, dove le proteste, nate dai giovanissimi, proseguono. Non finiremo mai di inchinarci davanti al coraggio delle ragazze da cui tutto è partito.
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Dobbiamo tenere alta l’attenzione sull’Iran, dove le proteste, nate dai giovanissimi, proseguono. Non finiremo mai di inchinarci davanti al coraggio delle ragazze da cui tutto è partito.
Dobbiamo tenere accesi i fari sull’Iran, sulla vergognosa, inumana e barbara repressione della sacrosanta protesta delle ragazze e dei ragazzi che a Teheran e nelle altre principali città del Paese stanno letteralmente rischiando la vita per darsi un futuro di libertà. La ferocia e la bassezza morale del regime degli ayatollah merita le peggiori sanzioni a livello internazionale. Non siamo stupidi, siamo consapevoli del ruolo dell’Iran nel delicatissimo scacchiere mediorientale e della necessità di una qualche forma di realpolitik con questo Stato teocratico e alimentato dall’odio per Israele e tutto ciò che è Occidente (salvo non disdegnare di farci affari), ma realismo e realpolitik devono avere un limite. Innanzitutto quello posto dal rispetto per il coraggio di chi scende in piazza e urla in faccia ai lugubri “guardiani della rivoluzione“ che è ora di dire basta. Nelle proteste delle ciocche di capelli c’è tutto l’insopprimibile desiderio di normalità, di libertà, di provare per la prima volta a esprimersi senza il terrore dell’oppressione. Ai nostri ragazzi, nelle nostre scuole, dovremmo spiegare accuratamente quanto tutto ciò che per loro è scontato, innato e immodificabile possa costarti la pelle in Iran. Puoi essere rapito, percosso, umiliato, violentato e ucciso solo perché canti, solo perché qualche capello ribelle sfugge – volontariamente o no chi se ne importa – a un velo che non è una scelta, ma solo uno strumento di oppressione femminile. Se hai protestato e sei donna, ti rapiscono anche da morto e ai tuoi cari può accadere di non avere neppure una tomba su cui piangere. Come si vede in un terrificante video diffuso in queste ore, si può essere ammazzati con un colpo di pistola alla nuca in mezzo alla strada, da queste ronde di subumani certe dell’impunità. Non finiremo mai di inchinarci davanti al coraggio delle ragazze da cui tutto è partito. In questa parte del mondo siamo tornati a confrontarci con l’incredibile ombra nucleare, l’angoscia per una guerra nel nostro continente, financo la paura delle bollette, ma dobbiamo riservare del tempo per riflettere su quanto sta accadendo in quel Paese. Nessun regime è per sempre, nulla è immutabile, ancor di più quando gli uomini cominciano a non riconoscere altra strada che quella del terrore e della sopraffazione. Già condannati dalla storia, oggi sembrano invincibili, ma sono solo degli ominidi terrorizzati. di Fulvio Giuliani

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