Intellettuali, Baricco, ragazzi e domande scomode su Gaza
W gli intellettuali, ancor più in una fase storica in cui gli sciroccati credono di poter sostituire la riflessione e l’approfondimento

Intellettuali, Baricco, ragazzi e domande scomode su Gaza
W gli intellettuali, ancor più in una fase storica in cui gli sciroccati credono di poter sostituire la riflessione e l’approfondimento
Intellettuali, Baricco, ragazzi e domande scomode su Gaza
W gli intellettuali, ancor più in una fase storica in cui gli sciroccati credono di poter sostituire la riflessione e l’approfondimento
Massimo rispetto per gli intellettuali. W gli intellettuali, ancor più in una fase storica in cui gli sciroccati credono di poter sostituire la riflessione e l’approfondimento con quattro parole buttate lì in un post copiato o fatto generare dall’intelligenza artificiale con un paio di prompt confusi.
Eppure gli intellettuali non hanno sempre ragione o non hanno ragione per contratto, mettiamola così.
Anche grazie a uno scritto di Alessandro Baricco, pubblicato online pochi giorni or sono, si fa un gran discutere – entro certi limiti, si intende – di come le manifestazioni per Gaza abbiano rimesso al centro della scena la generazione dei ragazzi. Al che sentiamo l’urgenza di alcune domande.
Come mai, firmata la fragile e precaria intesa per il cessate al fuoco nella Striscia di Gaza, costoro sono spariti dalle strade? Escludendo l’ingenuità di credere che questa sia “la pace”, dove sono finiti? L’emergere di storie via via più allucinanti, proprio approfittando del silenzio (temporaneo) delle armi, non dovrebbe indurre questa medesima generazione tornata così protagonista ad approfondire degli aspetti? Nessun disturbo per i palestinesi che ammazzano nella pubblica piazza, con un colpo di fucile mitragliatore alla nuca, altri palestinesi? Colpevoli di “collaborazionismo”, proprio come le camice nere ammazzavano i partigiani o – nel momento della resa dei conti – i partigiani rossi ammazzavano i fascisti e pure qualche partigiano ‘bianco’?
Queste sono storie italiane, che forse la generazione che avrebbe riconquistato – agli occhi di alcuni intellettuali – il suo posto del mondo non ha mai letto in un libro di storia e nessuno dei loro professori si è mai preoccupato di raccontare in classe.
Nessuna commozione per chi ha passato due anni in un buco 30 metri sotto terra? Sì, israeliano e sì rapito mentre ballava a un rave così simile a quelli a cui avranno partecipato tanti di loro?
Si è detto, mentre si inneggiava a questo ritorno improvviso di partecipazione e passione, che un bel pezzo di politica ha fatto e fa una fatica bestiale nel riconoscere i meriti oggettivi dell’amministrazione americana. Quelle piazze e quella politica un po’ si guardano allo specchio.
Potremmo andare avanti, ma ci fermiamo qui, perché il punto alla fine è semplice: anche gli intellettuali cercano il loro di specchio. Anche i Baricco, nell’era social, finiscono per aver bisogno del calduccio rassicurante dei follower.
Grazie al cielo che ci sono gli intellettuali, che scrivono, che si fanno sentire, che dicono la loro e inducono a generare dibattiti un po’ più evoluti dello scambio di parolacce sui social. Però mentre facciamo l’elegia del ritorno della Piazza e del protagonismo politico dei nostri figli e dei grandi ideali, magari prendiamoci del tempo – da adulti che un po’ di più ne hanno viste – per non fermarci davanti a quello specchio
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