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Iran, bombe e illusioni

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L’intervento americano è stato imponente e spettacolare, ma non ha cambiato significativamente le cose in Iran

Iran, bombe e illusioni

L’intervento americano è stato imponente e spettacolare, ma non ha cambiato significativamente le cose in Iran

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Iran, bombe e illusioni

L’intervento americano è stato imponente e spettacolare, ma non ha cambiato significativamente le cose in Iran

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In Italia s’è subito pensato alle basi militari. Il Partito democratico ha chiesto al governo di non metterle a disposizione delle operazioni americane. Governo che amerebbe non dovere mai neanche parlarne con l’amico Trump. Ma più che alle basi sarà bene pensare al basimento, che sarà pure un vocabolo desueto ma più pertinente, riferendosi allo svenimento. Il problema delle nostre basi, europee in generale, non è se metterle o meno a disposizione, bensì che nessuno le ha chieste.

Che il programma nucleare militare iraniano andasse interdetto è sicuro. Che il solo linguaggio possibile fosse quello delle armi è evidente. Il possibile approccio diplomatico parte proprio dalla distruzione di molti impianti e può costruirsi sulla base di un’ipocrisia, come molti accordi: da una parte l’Occidente riafferma che l’Iran non dovrà mai avere l’arma atomica, dall’altra l’Iran risponde che non l’ha mai cercata e che sono tutte falsità; ci si accorda sulla legittimità dell’energia nucleare civile (alla quale lavorano i russi), da parte iraniana riprendendo il lavoro anche per il militare e da parte occidentale restaurando l’obbligo dei controlli periodici. Poi su quei controlli gli iraniani avranno da ridire, come già avvenne in passato, e comunque si sono guadagnati degli anni, visti i danni inferti agli impianti. È probabile che gli iraniani abbiano messo in salvo il materiale radioattivo, ma senza quelle strutture non vanno lontani. Ciascuno finge di avere vinto e ciascuno incassa la propaganda altrui. Questa era la linea europea, che muoveva passi incoraggianti. Le bombe americane sono cadute su quel tavolo e il non avere chiesto la nostra collaborazione sta a ribadire la nostra esclusione. Festeggiarla sarebbe originale.

L’intervento americano è stato imponente e spettacolare, ma non ha cambiato significativamente le cose in Iran. Gli israeliani avevano già colpito duramente, mentre per la totale cancellazione del programma nucleare, per ripulire le tracce della sua esistenza, si deve andare fisicamente in quei siti. Occorre l’invasione. Si scatenerebbe una guerra destinata a durare e subito chiamata dai missili iraniani lanciati sulle loro basi in Qatar.

Netanyahu incassa l’ottimo risultato di avere trascinato gli Usa in quella guerra, ma è da vedere se a Trump interessi altro che non il presunto successo immediato, colto a ruota degli israeliani e in realtà un buco nella montagna, senza poi la volontà e la capacità di entrarci dentro. Le bombe sono state sganciate per far vedere un successo agli americani e per far passare la voglia diplomatica agli europei.

In quanto all’ipotesi di un cambio di regime, siamo nel campo dei desideri che possono diventare incubi. La popolazione iraniana è giovane, la gran parte è nata dopo il 1979, dopo la rivoluzione. Molte donne hanno dimostrato molto coraggio, segno che la popolazione civile vive costumi e aspirazioni che della presunta legge islamica si fanno un baffo. E, del resto, i teocrati macellai che li governano sono alleati dei governi che perseguitano i musulmani (Cina e Russia in testa) e hanno come nemici gli Stati che ne rispettano la fede. Ma in quel mondo del falso e del capovolto una meritata decapitazione del regime non è affatto detto che porti alla laicità ed è possibile che porti o al dominio della dittatura laicizzata o alla frammentazione tribale. Un inferno che le bombe americane hanno consolidato, perché non c’è nulla di meglio che chiamare il popolo alla reazione contro il Satana invasore.

Staremo a vedere se quelle bombe chiudono l’operazione, lasciando immutata la realtà, o aprono il varco che conduce al sempre maggiore coinvolgimento americano. Sono state sganciate perché il botto trionfale si sentisse dall’altra parte dell’Atlantico e la detonazione facesse cadere qualche bicchiere dai tavoli europei. Se questo non basta a convincerci dell’urgenza della difesa comune è segno che non lo capiremo mai. Se basta, come si spera, allora assisteremo alla metamorfosi di qualche sovranista trumpiano in europeista ursuliano.

di Davide Giacalone

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