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Israele

Israele pronta ad altri 7 mesi di guerra

Il consigliere per la Sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi sostiene che la contro-invasione israeliana della Striscia di Gaza durerà almeno altri 7 mesi

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Il consigliere per la Sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi sostiene che la contro-invasione israeliana della Striscia di Gaza durerà almeno altri 7 mesi

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Il consigliere per la Sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi sostiene che la contro-invasione israeliana della Striscia di Gaza durerà almeno altri 7 mesi

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Il consigliere per la Sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi sostiene che la contro-invasione israeliana della Striscia di Gaza durerà almeno altri 7 mesi

Tra sempre più forti critiche internazionali, continua l’azione militare israeliana per la creazione di quello che è chiamato in codice il Tzir Filadelfi (Corridoio Filadelfia). Si tratta di una lingua di terra di circa un chilometro di ampiezza che dovrebbe allungarsi dal varco di Kerem Shalom fra Israele e Gaza fino al Mar Mediterraneo, parallelo e adiacente al confine fra la Striscia e l’Egitto. Lo scopo è chiaro: negare ad Hamas e quindi ai palestinesi l’unico contatto di terra con uno Stato che non sia Israele, rendendo il governo di Gerusalemme guardiano esclusivo dei confini gazei. Un prolungamento di quella ‘zona di sicurezza’ di identico spessore alla cui creazione gli israeliani si sono dedicati con rapidità, demolendo centinaia di case palestinesi reputate troppo vicine alla linea dell’armistizio del 1949 – fra Israele ed Egitto, Libano, Giordania e Siria – che forma il confine della Striscia di Gaza.

L’attuale offensiva non è quindi un attacco diretto ai quattro battaglioni superstiti che Hamas nasconde a Rafah (“Tal as Sultan”, “Shaboura”, “Yabna” e “Sharq”), bensì una larga operazione di accerchiamento che anticipa quella resa dei conti. In tre settimane e quattro giorni i carri armati Merkava della 401esima Brigata corazzata“I’kvot ha-Barzel” (Cingoli d’acciaio) sono ormai arrivati sino al centro della città di Rafah, che si trova all’inizio dell’ultimo terzo del futuro corridoio. Dietro di loro si muovono i fanti della 828esima Brigata di fanteria “Bislamach”. Si tratta di un’unità che sin dal nome (formato dall’acronimo di “Scuola per i ruoli dei corpi di fanteria e dei comandanti di squadra”) è stata ideata per la formazione e per l’addestramento.

L’offensiva su Gaza ha però richiesto uno sforzo straordinario al già scarso bacino di manodopera israeliano e il Padam (Comando meridionale israeliano) per garantire ai soldati pause dai combattimenti deve quindi schierare anche unità atipiche come, più a Est, quella dei riservisti della Brigata “Negev”. Una necessità di pianificazione a lungo termine necessaria, visto che il consigliere per la Sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi sostiene che la contro-invasione israeliana della Striscia di Gaza durerà almeno altri 7 mesi. Una pessima notizia per i civili intrappolati a pochi chilometri dagli scontri, che non vedono rispettato il loro diritto alla sopravvivenza nemmeno nei campi profughi costruiti dagli israeliani stessi.

La strage nel campo di Tel al-Sultan di Rafah, costata la vita a più di 40 sfollati (fra cui molti bambini), ha dimostrato per l’ennesima volta che un’inquietante noncuranza per le vittime civili si è annidata nei gangli più elevati delle Forze armate d’Israele. Persino il primo ministro Benjamin Netanyahu ha definito «un tragico errore» l’aver colpito una zona dichiarata sicura, a maggior ragione nel tentativo di uccidere due comandanti di Hamas non fondamentali per l’andamento della guerra. Tuttavia un «tragico errore» che si ripete ogni settimana diviene inevitabilmente la tragica prova che rispettare il diritto bellico internazionale non è più una priorità per i militari di Gerusalemme. Una situazione che avvalora le critiche dei tanti che, sin dall’inizio della guerra, temevano una degenerazione selvaggia del conflitto.

di Camillo Bosco

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