Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti
Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti. Il veto trumpiano all’attacco israeliano non è durato neanche fino a domenica, giorno in cui era previsto un incontro tra le delegazioni statunitensi e iraniane per salvare in extremis la trattativa sul nucleare di Teheran

Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti
Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti. Il veto trumpiano all’attacco israeliano non è durato neanche fino a domenica, giorno in cui era previsto un incontro tra le delegazioni statunitensi e iraniane per salvare in extremis la trattativa sul nucleare di Teheran
Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti
Israele attacca l’Iran senza gli Stati Uniti. Il veto trumpiano all’attacco israeliano non è durato neanche fino a domenica, giorno in cui era previsto un incontro tra le delegazioni statunitensi e iraniane per salvare in extremis la trattativa sul nucleare di Teheran
Il ‘poliziotto mondiale statunitense’ ha il manganello moscio, quasi ai livelli dello squinternato ritiro dall’Afghanistan che lasciò il mondo attonito e Kabul ai talebani. Il veto trumpiano all’attacco israeliano contro l’Iran non è durato neanche fino a questa domenica, cioè all’ultimo incontro previsto a Muscat (la capitale dell’Oman) delle delegazioni iraniane e statunitensi per cercare di salvare in extremis la trattativa sul nucleare di Teheran. Donald Trump non ha mai nascosto la disistima per Joe Biden, colpevole di avergli ‘scippato’ una elezione (in realtà svoltasi regolarmente) per di più con l’aspetto da vecchio assonnato obbligato ad usare un servizio di scrittura meccanica per firmare le grazie.
Tuttavia nel 2023 il suo odiato “Sleepy Joe” aveva dimostrato ampiamente come un presidente statunitense potesse esercitare un grande ascendente sul governo israeliano, riuscendo a più riprese a temperare gli appetiti bellici del governo di Benjamin Netanyahu. Si arrivò persino alla sospensione della consegna delle armi nel caso della strage involontaria dei membri di World Central Kitchen nella Striscia di Gaza e, in generale, gli Stati Uniti avevano assunto il ruolo di ‘adulto responsabile’ in un contesto di grave tensione etnica che poteva.
Da tempo invece scriviamo che l’arrivo del tycoon alla Casa Bianca ha segnato un nuovo capitolo, del tutto contraddittorio e sbilanciato, nelle relazioni tra Washington e Gerusalemme. La Casa Bianca ha progressivamente assunto una sorta di posizione ancillare nei riguardi del governo Netanyahu, assimilando gli obiettivi strategici israeliani come se coincidessero naturalmente con quelli degli Stati Uniti e limitandosi a temperare temporaneamente le iniziative più gravi. La narrativa trumpiana è d’altronde quella del deal e Washington ha cercato di chiuderne uno leonino in cui si obbligava Teheran ad arricchire l’uranio esclusivamente fuori dai suoi confini, in una partnership arabo-statunitense.
L’apparato bellico degli Stati Uniti, con lo spostamento dei bombardieri a lungo raggio nello scacchiere mediorientale, doveva essere una delle armi negoziali. Una spada di Brenno che non aveva esaurito ancora tutto il suo ascendente, visto il nuovo incontro in programma. Israele ha invece preferito tagliare la testa al toro che stava portando avanti, con fatica e in un terreno fangoso il dialogo per evitare una guerra regionale.
Più o meno intorno alle nostre tre di notte, l’attacco israeliano ha decapitato la struttura di comando iraniana e i tecnici dietro il programma atomico. L’Iran è stato colpito dall’alto e dal suolo, grazie a squadre curate dal Mossad (i servizi segreti esterni israeliani) che hanno colpito stazioni radar e antiaeree. Adesso nei cieli l’aviazione israeliana sta abbattendo i primi droni Shahed lanciati in ritorsione e la popolazione si prepara alla pioggia di limiti balistici.
L’amministrazione Trump invece ha emesso nottetempo un comunicato in cui si dichiara estranea agli attacchi, salvaguardando gli asset statunitensi dalla ritorsione iraniana. Non vi è motivo per non crede che gli Stati Uniti siano davvero estranei allo scoppio di questa nuova guerra regionale, ma senz’altro sul tycoon e il suo pittoresco governo grava l’accusa di un polso debole che non ha saputo prevenire l’ennesimo scoppio di violenza. Russia e Cina guardano senz’altro questo deludente exploit, prendendo appunti per i loro conflitti regionali.
Di Camillo Bosco
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