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Israele

Israele e i giovani, parola d’ordine: coesione

I ragazzi israeliani sono tutti uniti nel nome della coesione per aiutare e supportare i propri soldati e un intero popolo sotto l’assedio di Hamas
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Israele e i giovani, parola d’ordine: coesione

I ragazzi israeliani sono tutti uniti nel nome della coesione per aiutare e supportare i propri soldati e un intero popolo sotto l’assedio di Hamas
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Israele e i giovani, parola d’ordine: coesione

I ragazzi israeliani sono tutti uniti nel nome della coesione per aiutare e supportare i propri soldati e un intero popolo sotto l’assedio di Hamas
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I ragazzi israeliani sono tutti uniti nel nome della coesione per aiutare e supportare i propri soldati e un intero popolo sotto l’assedio di Hamas
Gerusalemme – In Israele, in questi giorni di guerra, la parola d’ordine è “coesione”. In particolare sono i ragazzi a organizzare attività di solidarietà e supporto alla popolazione sotto assedio. Molti che sono troppo giovani per andare a fare il servizio militare si chiedono infatti come poter essere utili, perché anch’essi vogliono dare il loro contributo. Giovani, anche di dodici e quattordici anni, hanno pertanto preparato gruppi WhatsApp per raccogliere cibo, sigarette, asciugamani e calzini lunghi per i soldati che si preparano a dover combattere questa guerra che ha colto il Paese di sorpresa. Sono sempre i ragazzi che si mettono in fila per donare il loro sangue ai feriti e si danno da fare per organizzare luoghi dove accogliere le popolazioni sfollate, che dal Sud del Paese cercano rifugio verso zone meno colpite. Su WhatsApp ci sono anche gruppi di ascolto per ragazzi che sono rimasti traumatizzati dai feroci attacchi dei terroristi palestinesi. In queste ore i ragazzi di tutto il Paese non escono di casa, le scuole sono chiuse e le sirene che avvisano della caduta dei missili suonano in continuazione. L’unico modo per passare il tempo è parlare su WhatsApp e su Instagram con gli amici, i compagni di scuola e i coetanei in tutto il Paese. Questo è anche un modo per creare una rete di informazioni e di sostegno. Così la ragazza di Gerusalemme di prima liceo chiede su WhatsApp di non lasciare sola la sua amica della stessa età, sotto shock dopo che il padre è stato rapito lo scorso sabato mattina mentre faceva una passeggiata e poi ucciso. La missione di questi ragazzi è far sentire alle persone che hanno perso un loro caro che possono fare affidamento su di loro. Sono tanti i ragazzi che stanno trascorrendo ore al telefono a consolare i loro coetanei. C’è la ragazza che non riesce a dormire dopo aver visto la sua vicina di casa morire durante un attacco missilistico. C’è il ragazzo che non può più smettere di piangere dopo che i terroristi, ridendo, hanno chiamato a casa e gli hanno detto che stupreranno sua sorella e poi la uccideranno. Ci sono altri ragazzi che hanno attacchi d’ansia, causati dall’esplosione dei missili e dal non sapere più dove siano finiti i loro familiari. Per poter dare un po’ di sollievo e di speranza, alcuni ragazzi hanno poi creato gruppi WhatsApp che contengono “notizie positive” sul conflitto in corso. In questo gruppo si vedono soldati che ricevono doni, persone che pregano e cantano insieme stringendosi le mani. Israele è adesso più unito che mai grazie soprattutto ai giovani che, nonostante le terribili immagini messe online dai terroristi, non vogliono darsi per vinti. Hamas ha dichiarato che gli israeliani stanno scappando da Israele, ma è vero proprio il contrario. I ragazzi che erano all’estero per le vacanze ebraiche di Sukkot stanno adesso chiamando i centralini delle linee aeree per poter tornare a dare il proprio apporto all’insegna di “Am Israel Hai” (Il popolo di Israele è vivo). di Anna Mahjar Barducci  

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