Italia & Stati Uniti, come ranocchi
Kamala & Donald, Donald & Kamala. A vederla con gli occhi della politica italiana e dei suoi ineffabili commentatori, la coppia sembra essere diventata Sandra & Raimondo

Italia & Stati Uniti, come ranocchi
Kamala & Donald, Donald & Kamala. A vederla con gli occhi della politica italiana e dei suoi ineffabili commentatori, la coppia sembra essere diventata Sandra & Raimondo
Italia & Stati Uniti, come ranocchi
Kamala & Donald, Donald & Kamala. A vederla con gli occhi della politica italiana e dei suoi ineffabili commentatori, la coppia sembra essere diventata Sandra & Raimondo
Kamala & Donald, Donald & Kamala. A vederla con gli occhi della politica italiana e dei suoi ineffabili commentatori, la coppia più bella e impossibile del mondo sembra essere diventata Sandra & Raimondo in Casa Vianello alla Casa Bianca. Le tifoserie di casa nostra si sono trasferite a Washington e i repubblicani sono diventati la destra e i democratici la sinistra. L’idea, anche solo la lontana e pallida idea, di tentare di capire o di orientarsi in base a fatti, storia, tradizione degli Stati Uniti d’America, ossia della più antica e più importante democrazia moderna, è fuori dalla grazia di Dio. Tutto è e deve essere estremo, emotivo, fanatico come lo sono le tifoserie da stadio.
Oddio, al di là dell’Atlantico tutto sembra essere stato trasformato in un film adattissimo a sovvertire realtà e finzione, giudizio e immaginazione. Ma, a maggior ragione, quando la realtà sconfina nell’inimmaginabile – pallottole, attentati, sangue, pugni, colpi di scena uno dietro l’altro – bisognerebbe mantenere la calma e fare uno sforzo in più per capire cosa stia succedendo. Bisognerebbe avere, come direbbe Truman Capote, sangue freddo e distinguere tra America e americanate, tra storia e cinematografo; invece, gli Stati Uniti visti con gli occhi di casa nostra diventano immediatamente il nostro stesso ombelico. Con il risultato che una tragedia è trasformata in una commedia. E non lo è, proprio non lo è.
La democrazia italiana è legata a Washington più che a qualunque presidente americano. Lo è non per simpatia o affinità ma perché la stessa democrazia è nata in Italia grazie a Washington. Noi siamo una nazione che ha perso la Seconda guerra mondiale e in concreto ciò significa che la nostra politica estera (per fortuna) è dipesa dagli Stati Uniti in termini militari, geopolitici, economici. Se dovessimo dirla tutta – e perché non dir tutto? – dovremmo dire che siamo stati per tanto tempo un Paese a sovranità limitata la cui democrazia è stata in piedi più per il concorso delle forze internazionali che per virtù interna. La politica atlantica non è un vestito che possiamo dismettere a nostro piacimento ma è la sostanza stessa dell’Italia repubblicana. È un ombrello – tanto per usare un’immagine celebre – sotto al quale ci siamo riparati dai temporali del XX secolo e che ci ha permesso di curare allo stesso tempo tanto le nostre virtù (la creatività, il Made in Italy, l’agricoltura sostituita dall’industria) quanto i nostri vizi (l’ideologia, il provincialismo, l’antiamericanismo). Il nostro problema, dunque, non è vedere se piove o c’è il sole ma capire che qualunque sia la giornata abbiamo bisogno dell’ombrello: la Casa Bianca è dieci, cento, mille volte più importante del suo inquilino, bianco o nero, uomo o donna, repubblicano o democratico che sia. Intendere la vita politica e morale dell’America con la vita politica e morale dell’Italia è l’errore più grossolano e pacchiano che si possa fare. Rovesciare sul futuro presidente americano le nostre aspirazioni, le nostre tendenze, i nostri pregiudizi, le nostre fragili visioni del mondo vuol dire fare la fine della rana di Esopo che si gonfiava perché voleva essere più grossa del bue e alla fine scoppiò.
Harris e Trump rappresentano due diversi ‘mondi’ in politica estera, economica, culturale. Ma per quanto i mondi possano essere diversi, fanno sempre parte della stessa America che – piaccia o no – è il nostro mondo almeno dal 1776. È all’interno di questa storia, tra accelerazioni e decelerazioni, tra rendite e pedaggi, che siamo chiamati a fare la nostra parte cercando di non fare la fine della stupida rana.
di Giancristiano Desiderio
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