L’America che non avrebbe abbandonato l’Ucraina
Vi parlerò di Cinema e… Ucraina. Venerdì ho avuto l’opportunità di partecipare all’inaugurazione della 43ª edizione del Torino Film Festival. E non ho potuto non pensare a quale America abbia riflesso nella sua lunga e meravigliosa carriera Paul Newman
L’America che non avrebbe abbandonato l’Ucraina
Vi parlerò di Cinema e… Ucraina. Venerdì ho avuto l’opportunità di partecipare all’inaugurazione della 43ª edizione del Torino Film Festival. E non ho potuto non pensare a quale America abbia riflesso nella sua lunga e meravigliosa carriera Paul Newman
L’America che non avrebbe abbandonato l’Ucraina
Vi parlerò di Cinema e… Ucraina. Venerdì ho avuto l’opportunità di partecipare all’inaugurazione della 43ª edizione del Torino Film Festival. E non ho potuto non pensare a quale America abbia riflesso nella sua lunga e meravigliosa carriera Paul Newman
Vi parlerò di Cinema e… Ucraina.
Non sembri folle o anche solo inopportuno, ma venerdì ho avuto l’opportunità di partecipare all’inaugurazione della 43ª edizione del Torino Film Festival, aperto da una bella serata dedicata ai grandi della storia del cinema (come spesso in occasioni simili).
Erano presenti personaggi del calibro di Spike Lee, Antonio Banderas, Hanna Schygulla, Claude Lelouch, Daniel Brühl e così via. Ciò che mi interessa in questa sede, però, è sottolineare la retrospettiva scelta per l’edizione 2025 del festival: il cinema di Paul Newman.
Mentre assistevo al bell’omaggio, nella sua assoluta semplicità affidata a un collage di scene dei suoi film e al coro delle voci bianche del Teatro Regio di Torino, non ho potuto non pensare a quale America abbia riflesso nella sua lunga e meravigliosa carriera Paul Newman.
Oltre l’attore fenomenale, intendo, proprio quell’idea di Stati Uniti con cui la mia generazione è nata e cresciuta. Con risvolti ingenui ben noti a tutti, per carità del cielo. Tante delusioni consumate negli anni e l’assoluta consapevolezza che una superpotenza non si sia mai mossa e animata da puro spirito altruista e filantropico.
Ma l’America che abbiamo sognato, grazie a Paul Newman e al suo amico di una vita Robert Redford che abbiamo salutato solo poche settimane fa, era un’America consapevole del suo ruolo e delle sue responsabilità.
Un’America che, al netto di tutti gli errori commessi, delle forzature e dei peccati che tutti conosciamo molto bene, non avrebbe mai abbandonato l’Ucraina.
Se non altro per semplice calcolo, perché con la fu Unione Sovietica non si può trattare in un certo modo e se sei stato americano più che mai.
Quando guardiamo la galleria di personaggi di oggi, ripensiamo ai Paul Newman e tendiamo a non crederci. Eppure è vero. Per ottant’anni principi e alcuni ideali non sono stati nostre fantasie. Hanno trovato degli interpreti nel tempo, disposti a rinvigorirli quando necessari e a riportarli in auge quando dimenticati.
A quelli come noi cresciuti con quell’America – che era anche l’America di una certa Hollywood e di determinati sogni – oggi manca più che mai.
di Fulvio Giuliani
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