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La Jihad Islamica concorrente di Hamas

Dopo la guerra lampo contro Israele, la Jihad Islamica potrebbe diventare più popolare di Hamas.
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Gerusalemme – La guerra fra Israele e il movimento della Jihad Islamica a Gaza è durata tre giorni, ma le tensioni sono cominciate prima dell’inizio dell’escalation militare. Il primo agosto Israele ha arrestato a Jenin un comandante della Jihad Islamica nella West Bank, Bassam al-Saadi, assieme al genero Ashraf Zidan Molmad Aljada. La Jihad Islamica ha iniziato a pianificare attacchi terroristici per richiedere il rilascio dei due operativi e l’esercito israeliano ha così alzato il livello di allerta nel Sud del Paese, chiudendo le strade ai veicoli civili.

La sera del 5 agosto, dopo aver ricevuto informazioni che la Jihad Islamica era prossima all’attacco, Israele ha poi deciso di bombardare preventivamente Gaza, uccidendo Taysir al-Jabari, un importante comandante delle Brigate Al-Quds, braccio armato della Jihad Islamica. Per tutta risposta quest’ultima ha subito dato mostra della sua forza militare, lanciando missili verso il Sud del Paese e verso Tel Aviv. Il secondo giorno di guerra, però, Israele ha sferrato un altro duro colpo uccidendo Khaled Mansour, un importante leader del movimento palestinese. In risposta, la Jihad Islamica ha cercato di rendere impossibile la vita nel Sud del Paese, con lo scopo di mandare via la popolazione israeliana dai villaggi intorno a Gaza. In parte così è stato, dato che vari bus hanno evacuato molti civili resi esausti dal continuo lancio di missili che non permetteva loro di uscire dai rifugi, nonostante lo scudo antimissile abbia annullato il 97% degli attacchi.

Il 6 agosto il leader della Jihad Islamica Ziyad al-Nakhalah si è incontrato a Teheran con il generale iraniano Hossein Salami, attuale comandante del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. L’Iran, che sta negoziando con gli Stati Uniti gli accordi sul nucleare, avrebbe tutto l’interesse a mettere pressione su Washington, utilizzando i movimenti armati in Palestina e in Libano per lanciare una guerra regionale per procura contro Israele. Domenica si è svolta la ricorrenza del Tisha b’Av (giorno di digiuno in memoria di eventi luttuosi per il popolo ebraico, fra cui la distruzione del Primo e Secondo Tempio) e molti analisti temevano tensioni sul Monte del Tempio che avrebbero reso inevitabile l’entrata di Hamas nel conflitto, come auspicato dalla Jihad Islamica. Grazie alla mediazione egiziana, alle 23.30 di domenica è però arrivata la tregua.

Nonostante la distruzione a Gaza, da questa guerra lampo la Jihad Islamica ha ottenuto qualche vantaggio. In primo luogo, l’Egitto si impegnerà a liberare i due leader palestinesi arrestati a Jenin. Ieri mattina, inoltre, camion carichi di carburante sono entrati a Gaza, dopo la riapertura dei valichi di frontiera. La cosa più importante però è che la Jihad Islamica ha superato in popolarità Hamas, che si è invece rivelato un movimento pragmatico, preferendo rimanere in questa occasione fuori dal conflitto (temendo di perdere il titolo di “vincitore” che si era autoconferito dopo la Guerra degli 11 giorni del 2021). Un dato positivo per Israele, che paradossalmente potrebbe però trasformarsi in negativo poiché la crescita della Jihad Islamica nella striscia di Gaza non è negli interessi dello Stato ebraico. Per quanto riguarda il governo Lapid, l’esito di questa guerra verrà giudicato nelle urne il prossimo ottobre.

Di Anna Mahjar Barducci

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