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Russia

La pericolosa ricerca di false giustificazioni

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non è giustificabile. L’impreparazione attuale è consistita nel ritenere che la Russia post sovietica fosse diventata una di noi.

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La pericolosa ricerca di false giustificazioni

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non è giustificabile. L’impreparazione attuale è consistita nel ritenere che la Russia post sovietica fosse diventata una di noi.

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La pericolosa ricerca di false giustificazioni

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non è giustificabile. L’impreparazione attuale è consistita nel ritenere che la Russia post sovietica fosse diventata una di noi.

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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non è giustificabile. L’impreparazione attuale è consistita nel ritenere che la Russia post sovietica fosse diventata una di noi.

L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo non è giustificabile. Non la giustifica la difesa della Russia. Non la giustifica l’intervento in questioni interne di Kiev. Non la giustifica la Storia. Insomma, nulla giustifica l’invasione di una nazione e di uno Stato sovrani. Eppure il dibattito, da quando i russi hanno messo piede in Ucraina, si è svolto proprio intorno a questa inafferrabile ‘figura’: la giustificazione. Come se da qualche parte ci fosse una ‘causa’ capace di dar conto di un inevitabile ‘effetto’. Ma causa ed effetto, soprattutto nella Storia, non esistono. Nulla, diceva Hannah Arendt, può essere inteso nel mondo con lo schema causa-effetto. Secoli addietro David Hume aveva messo in luce, non senza scandalo, che l’idea della causa e dell’effetto è solo il frutto della nostra credenza. Qualcosa a metà strada tra l’abitudine e l’alibi. Non è così anche per ciò che è accaduto in Ucraina per volere di Vladimir Putin? Pensare che la causa scatenante sia responsabilità della Nato – in pratica, gli Stati Uniti – e che l’effetto sia la difesa della Russia è quanto di più abitudinario e comodo ci sia. Ogni tanto la Russia invade qualcuno: Budapest, Praga, la Crimea, Kiev. Le invasioni sono il frutto della mutazione dei rapporti di forza con cui l’Orso russo si spinge verso l’Europa e verso il Mediterraneo. Così è sempre stato, così sempre sarà. Sta a noi – l’Europa, l’Occidente, le democrazie liberali un po’ malandate – non farci cogliere impreparate. La impreparazione attuale è consistita nel ritenere che la Russia post-sovietica fosse diventata una di noi. Non è così e non lo sarà mai. Montanelli diceva che Mosca è più asiatica che europea. Credere che sia più europea che asiatica vuol dire illudersi. Non tanto sulla Russia quanto su di noi. Cossiga diceva che il nostro esercito è l’esercito americano. L’Europa non ha un esercito comune e per l’energia confida(va) un po’ troppo sul gas russo. Così Putin ha rimesso le mani nuovamente sull’Ucraina. Ma Putin, andato per sorprendere, è rimasto sorpreso. L’Europa si è unita e ha fatto fronte comune. È nei contrasti che nascono le identità. Si spera che per il popolo ucraino non sia l’inizio di un nuovo holodomor. Non solo l’invasione attuale ma anche la terribile storia della eliminazione di milioni di contadini ucraini con la carestia voluta da Stalin giustificano – questa volta il verbo è giusto – l’adesione dell’Ucraina alla Nato e lo spostamento non della Nato a Est ma dell’Ucraina a Ovest. E pensare che Fukuyama, dopo la fine dell’Urss, scrisse, non senza ragioni, “La fine della storia e l’ultimo uomo”. Invece, tocca ancora faticare ossia fare Storia, la storia della libertà. di Giancristiano Desiderio 

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