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La risposta di Tel Aviv agli Houthi

I raid hanno colpito il porto di Hodeida in risposta ai molti attacchi dei ribelli Houthi dall’inizio della guerra

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La risposta di Tel Aviv agli Houthi

I raid hanno colpito il porto di Hodeida in risposta ai molti attacchi dei ribelli Houthi dall’inizio della guerra

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La risposta di Tel Aviv agli Houthi

I raid hanno colpito il porto di Hodeida in risposta ai molti attacchi dei ribelli Houthi dall’inizio della guerra

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I raid hanno colpito il porto di Hodeida in risposta ai molti attacchi dei ribelli Houthi dall’inizio della guerra

Il porto di Hodeida in fiamme testimonia che una nuova fase della guerra in Medio Oriente si è appena aperta. Nel pomeriggio del 20 luglio una pattuglia di almeno 12 caccia dell’aviazione militare israeliana, tra cui alcuni F-35, ha attaccato la città yemenita che affaccia sul Mar Rosso, principale scalo commerciale del Paese e roccaforte delle milizie Houthi.

Il raid, fanno sapere fonti israeliane citate anche dai media arabi, è stato approvato in mattinata dal ministro della Difesa, Yoav Gallant, e arriva in risposta soprattutto all’attacco dei ribelli sciiti contro Tel Aviv del 19 luglio. Un drone tipo Shahed, di fabbricazione iraniana, aveva colpito un palazzo nella capitale dopo aver bucato clamorosamente le difese aeree dello Stato Ebraico, causando una vittima. Il percorso era stato inedito: invece di sorvolare Eilat, sul Mar Rosso, e attraversare il Negev, l’ordigno Houthi aveva aggirato i confini passando sul Sinai, per poi lanciarsi in picchiata dal Mediterraneo.

Ma i raid israeliani sono una risposta complessiva a una minaccia che dura da tempo. Non solo i ribelli yemeniti hanno di fatto reso impossibile la navigazione sicura da e per il Canale di Suez (soprattutto al naviglio commerciale di Tel Aviv), ma hanno più volte preso di mira il territorio d’Israele con droni e missili, soprattutto nell’area meridionale attorno al porto di Eilat. Si parla di oltre 220 raid, quasi tutti sventati.

In un primo momento sembrava che gli attacchi aerei fossero stati condotti anche da Stati Uniti e Gran Bretagna, da mesi impegnati in sortite contro obiettivi bellici Houthi. Ma quasi immediatamente, ancor prima della rivendicazione israeliana, alcuni media arabi (tra cui l’agenzia di stampa di Hezbollah, in Libano) hanno ricostruito le fasi dell’attacco e riconosciuto che il numero di aerei piombato su Hodeida coincideva con i decolli dalle basi del Negev di poche ore prima. Tutti i velivoli avevano la stella di Davide sulla fusoliera.

Il bilancio non è ancora chiaro. Le autorità yemenite parlano di decine di morti e feriti, soprattutto nei pressi di un impianto di stoccaggio di petrolio nell’area del porto. Ad essere presi di mira nelle dieci ondate di attacchi (supportate dalla presenza in volo di un’aerocisterna per il rifornimento) sarebbero stati anche alcuni impianti elettrici e di comunicazione. Il servizio di informazione dell’esercito ha fatto sapere che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha seguito tutte le fasi dell’operazione dalla war room.

Ora si attende la risposta degli Houthi, che analisti e mondo arabo considerano “inevitabile”, commisurata al reale danno provocato dai raid. Intanto Hamas, dalla Striscia di Gaza, spera che la rappresaglia sia durissima e che «l’incendio di Hodeida consumi Israele».

Di Umberto Cascone

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