Quando le immagini raccontano più delle parole: al di là dell’impegno del primo ministro indiano Modi per arrivare a zero emissioni nel 2070, il fiume sacro Yamuna trabocca di schiuma tossica.
Si tratta di liquami e rifiuti industriali, ha fatto sapere il governo di New Delhi, e tutto questo succede mentre alcuni fedeli fanno il bagno nelle sue acque. Si può discutere di tutto ai tavoli internazionali ma al di là degli impegni pubblici è chiaro che il problema dell’inquinamento è prima di tutto dell’India stessa.
Stretta tra un sistema industriale che ancora produce questo tipo di scorie e un ambiente sempre più avvelenato. Basti pensare che gli ultimi dati, diffusi a fine 2020 e quindi riguardanti il 2019, parlano di un milione e 700mila persone morte prematuramente nel Paese proprio a causa dell’alto livello di inquinamento, per oltre il 50% causato dai fumi delle fabbriche.
Il problema sta proprio nel sistema produttivo e cambiarlo non è per nulla semplice. Se poi si parla di Paesi non ricchi il problema è doppio. D’altro canto il tema riguarda tutti, ragion per cui serve necessariamente un aiuto dalla comunità internazionale. Senza ignorare il fatto che permane anche un tema di cultura: nei giorni scorsi, in occasione di una festività dedicata alla luce e nonostante i divieti, tantissimi hanno sparato fuochi d’artificio e bruciato le sterpaglie per preparare i campi al prossimo raccolto.
È palese che senza una inversione di rotta nessun annuncio potrà risolvere la questione.
di Gaia Bottoni
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