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La soluzione al problema Trump

Il quattordicesimo emendamento alla Costituzione americana, per alcuni giuristi, potrebbe essere l’unica soluzione al “problema Trump”
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Il quattordicesimo emendamento alla Costituzione americana, per alcuni giuristi, potrebbe essere l’unica soluzione al “problema Trump”
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La soluzione al problema Trump

Il quattordicesimo emendamento alla Costituzione americana, per alcuni giuristi, potrebbe essere l’unica soluzione al “problema Trump”
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Il quattordicesimo emendamento alla Costituzione americana, per alcuni giuristi, potrebbe essere l’unica soluzione al “problema Trump”
Due giuristi americani conservatori, William Baude e Michael Stokes Paulsen – professori all’università di Chicago e membri influenti della Federalist Society, alla quale appartengono anche la maggioranza dei giudici della Corte Suprema federale – hanno in questi giorni pubblicato un articolo che offre una soluzione efficace ed elegante al “problema Trump”. Il quattordicesimo emendamento alla Costituzione americana, approvato dopo la guerra civile e mai revocato, stabilisce infatti perentoriamente l’ineleggibilità «di chiunque, avendo esercitato funzioni pubbliche elettive, abbia preso parti a insurrezioni o ribellioni contro la Costituzione, o abbia aiutato o appoggiato simili ribelli». I moti del 6 gennaio 2021 – e ancor più i vari tentativi di alterare fraudolentemente i risultati elettorali e di impedire a chi preposto a tale funzione di proclamarli – costituiscono a parere dei giuristi citati un evidente attentato all’ordine costituzionale, e ricadono dunque nell’ambito di applicazione dell’emendamento, senza che vi sia alcun bisogno di legiferare in materia. Il senso comune porta a convenire con questa analisi giuridica: è arcinoto che Trump ha fatto un maldestro e caotico tentativo di “autogolpe, fortunatamente fallito grazie alla rettitudine e al coraggio del suo vice, Pence, e di vari amministratori locali del suo stesso partito che si sono rifiutati di ottemperare alle richieste presidenziali. È anche evidente che l’ineleggibilità di Trump eviterebbe un rischio esiziale per la democrazia americana (oltre che per il futuro dell’intero Occidente) assai meglio di una serie di condanne giudiziarie. I rischi oggettivi in questo caso sono due: una pronuncia avversa della Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, o una radicalizzazione dello scontro che potrebbe sfociare in guerra civile. La Costituzione americana non prevede altri criteri di sopravvenuta ineleggibilità oltre a quelli del quattordicesimo emendamento, e anche se Trump fosse in galera al momento del voto nulla legalmente impedirebbe la sua elezione. I sondaggi indicano chiaramente che vincerebbe le primarie repubblicane e forse anche il voto di novembre 2024. Una dichiarazione di ineleggibilità, invece, riaprirebbe i giochi in casa repubblicana, dove i candidati alternativi dichiarati non mancano. Biden non è certamente un candidato “forte” e i repubblicani potrebbero vincere anche senza Trump. C’è infatti da chiedersi cosa motiva i concorrenti repubblicani dell’ex presidente, nonostante i pronostici che lo qualificano “imbattibile”. Forse c’è chi aspira alla vicepresidenza o forse c’è qualcuno che prevede sorprese in grado di scombinare le carte nel corso della partita. di Ottavio Lavaggi

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