Il clamoroso stop a Le Pen e i guai di Macron a sinistra
La grande maggioranza degli elettori francesi non ne vuole sentir parlare di farsi governare dal Rassemblement National di Marine Le Pen
Il clamoroso stop a Le Pen e i guai di Macron a sinistra
La grande maggioranza degli elettori francesi non ne vuole sentir parlare di farsi governare dal Rassemblement National di Marine Le Pen
Il clamoroso stop a Le Pen e i guai di Macron a sinistra
La grande maggioranza degli elettori francesi non ne vuole sentir parlare di farsi governare dal Rassemblement National di Marine Le Pen
La grande maggioranza degli elettori francesi non ne vuole sentir parlare di farsi governare dal Rassemblement National di Marine Le Pen
Parleremo fra poco dell’enorme rebus-governabilità per la Francia, ma il dato politico da cui è obbligatorio partire resta un altro: la grande maggioranza degli elettori francesi non ne vuole sentir parlare di farsi governare dal Rassemblement National di Marine Le Pen e del suo delfino Bardella.
Checchè gli adoratori del populismo dicano da ieri sera – alla disperata ricerca di una verità che non esiste – Il 67% dei francesi non aveva votato per Marine Le Pen al primo turno e al secondo turno ha votato chiunque, piuttosto che votare i candidati dell’ultradestra lepenista.
La desistenza varata dai macroniani e dal Fronte popolare non avrebbe mai potuto funzionare, se la grande massa degli elettori francesi non avesse messo davanti a qualsiasi altra considerazione ed esigenza quello di fermare la Le Pen. E così è andata.
Se gli elettori di Macron sono arrivati a votare i candidati di Melanchon, le cui posizioni economiche non sono così distanti da quelle del Rassemblement National, così come gli elettori del Fronte popolare hanno comunque accettato di votare il detestato Macron è solo perché Marine Le Pen – e tutto ciò che rappresenta – per il blocco repubblicano resta del tutto indigeribile.
A valle di questo dato politico che è impossibile negare, smussare o ignorare, si staglia la gigantesca ingovernabilità determinata dal trionfo del fronte di sinistra il cui leader più carismatico e rumoroso – esattamente come ci eravamo permessi di sottolineare una settimana or sono – resta il nemico giurato di Emmanuel Macron Jean Luc Melanchon.
Ha aspettato cinque minuti di orologio, ieri sera, per lanciare una salva di siluri verso l’Eliseo, pretendere il governo e indicare un’agenda economica da far tremare i polsi dalle parti del centro: abolizione della riforma delle pensioni, ritorno dell’età pensionabile a sessant’anni (roba che in Italia neppure Fratoianni oserebbe più proporre), salario minimo e così via.
Su questa base non si potrà mai costruire un’alleanza di governo e dall’Eliseo lo hanno fatto sapere a stretto giro. Come lo sanno benissimo dalle parti dei risorgenti socialisti, che valgono più o meno l’estrema sinistra e potrebbero riconquistare un ruolo e uno spazio grazie proprio agli estremismi di Melanchon. La governabilità, insomma, resta una chimera e lo stesso Macron lo ha dovuto ammettere: da questo punto di vista, l’azzardo delle elezioni anticipate è stato un fallimento regalando una forza impronosticabile alla sinistra più estrema.
Al contempo, la conta per sbarrare il passo a Marine Le Pen è stato un successo che ha gelato l’Rn: Le Pen e Bardella erano convinti dal 9 giugno di poter dominare la Francia e si trovano fuori da ogni gioco.
di Fulvio Giuliani
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