Le tensioni ai confini dell’Ucraina e gli equilibri raggiunti a Minsk
La crisi in Ucraina verrà messa in stand-by con i Giochi olimpici invernali ma l’escalation è ad un passo. Riportare al centro gli Accordi di Minsk sembra essere l’unica soluzione possibile.
| Esteri
Le tensioni ai confini dell’Ucraina e gli equilibri raggiunti a Minsk
La crisi in Ucraina verrà messa in stand-by con i Giochi olimpici invernali ma l’escalation è ad un passo. Riportare al centro gli Accordi di Minsk sembra essere l’unica soluzione possibile.
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Le tensioni ai confini dell’Ucraina e gli equilibri raggiunti a Minsk
La crisi in Ucraina verrà messa in stand-by con i Giochi olimpici invernali ma l’escalation è ad un passo. Riportare al centro gli Accordi di Minsk sembra essere l’unica soluzione possibile.
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La crisi in Ucraina verrà messa in stand-by con i Giochi olimpici invernali ma l’escalation è ad un passo. Riportare al centro gli Accordi di Minsk sembra essere l’unica soluzione possibile.
Per ora è molto probabile che dal 4 al 20 febbraio la crisi sull’Ucraina conoscerà una tregua a causa dei Giochi olimpici invernali, dopo che Xi Jinping si è speso per evitarne il boicottaggio internazionale.
Gli Stati Uniti hanno fornito una risposta scritta che, anche se non è stata resa pubblica, nella sostanza respinge gli accordi sulle “garanzie di sicurezza” proposti da Mosca ma conferma l’invito a proseguire il dialogo. Era prevedibile, visto che la Russia chiedeva una rinuncia a ogni allargamento della Nato e il ritiro delle forze dell’Alleanza Atlantica dai Paesi entrati a farne parte dopo il 1997.
Per diversi analisti il grado di mobilitazione raggiunto dalle forze armate russe e occidentali nello scacchiere dell’Ucraina, inclusi il Mar Nero e il Mediterraneo, dimostra che l’escalation è comunque a un passo dall’acting out. Per altri osservatori più ottimisti sarebbe invece ancora percorribile la ricerca di una intesa.
Se si segue il metodo di risalire al punto in cui nella matassa si è intrecciato il filo della crisi, la mossa più concreta sembra quella di riportare al centro della questione gli Accordi di Minsk. Si tratta del Protocollo di Minsk del 2014, e in particolare del Minsk II, sottoscritto l’11 febbraio 2015 al termine di un sofferto processo negoziale che portò a un pacchetto di misure di contenimento della escalation della guerra del Donbass.
A parte il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri, gli accordi stabilivano l’impegno a dare un assetto istituzionale all’Ucraina che doveva riconoscere margini di autonomia alle regioni di etnia russa. C’erano poi le «misure di fiducia» quali, ad esempio, il «ritiro di tutti gli armamenti pesanti» e «zone di sicurezza tra entrambe le parti». E venivano previste precise distanze degli schieramenti e procedure di osservazione e verifica proprie dell’Osce. Gli accordi sono ricordati per essere una iniziativa del “Formato Normandia”, perché il 6 giugno 2014 i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina si incontrarono a margine del 70° anniversario dello sbarco alleato del D-Day in Normandia e qui decisero di dare una svolta alla guerra del Donbass.
Il riferimento storico merita una riflessione: il richiamo a una fase cruciale della Seconda guerra mondiale evoca il valore incommensurabile che rappresentò per le future generazioni l’intesa raggiunta proprio tra gli Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica, insieme a Francia e Gran Bretagna.
Oggi è la Francia di Macron a rilanciare il «Formato Normandia», che potrebbe essere anche allargato. Il 22 dicembre scorso una precisa indicazione era venuta pure dall’Italia, per voce del presidente del Consiglio Mario Draghi: «Le relazioni tra Ucraina e Russia sono disciplinate dagli Accordi di Minsk che non sono stati osservati da nessuna delle due parti. Quindi un’osservanza di questi accordi potrebbe essere il primo passo».
L’Italia, che qualcuno ha accusato di non aver molto chiarito la propria posizione sulla crisi dell’Ucraina anche perché presa dalle elezioni presidenziali, ha quindi indicato la strada da intraprendere concretamente. Che è anche un monito. L’Ucraina sembra ora aperta a questa ipotesi, visto che ha ritirato la controversa “legge di transizione” che poneva in discussione le autonomie previste proprio dagli accordi di Minsk per i territori di Donetsk e di Luhansk.
C’è solo da sperare che si ritorni effettivamente a ridiscutere sugli Accordi di Minsk.
di Maurizio Delli Santi
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