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Cina, Putin e Occidente

Le tre leve per smascherare l’ambiguità di Pechino

Pechino sta con Vladimir Putin e al tempo stesso commercia e fa business con l’Occidente. Quest’ultimo ha tre leve per scuotere i vertici cinesi: i commerci, le materie prime e il tema Taiwan

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Le tre leve per smascherare l’ambiguità di Pechino

Pechino sta con Vladimir Putin e al tempo stesso commercia e fa business con l’Occidente. Quest’ultimo ha tre leve per scuotere i vertici cinesi: i commerci, le materie prime e il tema Taiwan

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Le tre leve per smascherare l’ambiguità di Pechino

Pechino sta con Vladimir Putin e al tempo stesso commercia e fa business con l’Occidente. Quest’ultimo ha tre leve per scuotere i vertici cinesi: i commerci, le materie prime e il tema Taiwan

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Pechino sta con Vladimir Putin e al tempo stesso commercia e fa business con l’Occidente. Quest’ultimo ha tre leve per scuotere i vertici cinesi: i commerci, le materie prime e il tema Taiwan

Pechino sta con Vladimir Putin – con cui fa affari vantaggiosi – e al tempo stesso commercia e fa business con l’Occidente. In tempi normali si tratterebbe di un’ovvietà. In tempi di guerra, dopo l’aggressione russa all’Ucraina, un’ovvietà non è affatto. Anzi, è un macigno gigantesco sulla geopolitica e sulle relazioni diplomatiche e commerciali fra Cina e Occidente, con quest’ultimo che sostiene l’indipendenza dell’Ucraina contro gli invasori e con Pechino che non ha mai alzato (in quasi due anni e mezzo di guerra) una virgola di condanna verso Putin e la sua aggressione a Kiev. Quando da Washington il vertice Nato ha accusato il governo cinese di sostenere la guerra russa, ha posto di fatto un argomento che va oltre le parole: se Xi Jinping va avanti così, i rapporti fra il Dragone e il mondo libero cambieranno radicalmente.

La reazione cinese al j’accuse della Nato sembra non aver colto il vero bersaglio politico della frustata lanciata dall’Alleanza Atlantica: l’ambiguità cinese non può durare nel mondo sottosopra. Per tornare alla replica di Pechino, a oggi (e salvo sorprese nelle prossime settimane, francamente assai poco probabili) non si vede un cambio di politica estera cinese neppure con il binocolo. La Nato, contrattaccano da Pechino, usa un linguaggio «provocatorio, pieno di bugie e calunnie ispirate da mentalità da Guerra fredda». Il governo cinese rivendica di avere la politica di «non fornire armi letali a nessuna delle parti in conflitto e di esercitare uno stretto controllo sull’esportazione di beni a duplice uso, compresi i droni civili», aggiungendo che il normale flusso commerciale fra Cina e Russia «non ha come target terzi e non dovrebbe essere soggetto a interruzioni o coercizioni». E poi la stoccata finale: è la Nato – secondo la visione di Xi Jinping – che «dovrebbe riflettere su sé stessa e intraprendere azioni concrete per allentare la tensione e risolvere il problema». E che, guardando all’Asia e all’Indo-Pacifico (aree care all’espansionismo cinese), non dovrebbe trasformarle in un campo per «la competizione geopolitica», lasciando quindi alla Nato i suoi compiti storici di «natura difensiva e regionale» e non di «un fattore di disturbo della pace e della stabilità».

Ora, a parte il fatto che all’idea di una Nato regionale neppure il più fantasioso dei cinesi potrebbe credere, la questione è che Xi Jinping sembra voler fare il nesci rispetto a un mondo radicalmente mutato dalla guerra scatenata nel 2022 in Ucraina dal suo amico Putin. Per scuotere i vertici cinesi dal loro torpore, oltre a dir chiaro come stanno le cose, l’Occidente ha tre leve: i commerci, le materie prime e il tema Taiwan. Tutte e tre insieme (e non separate) tracciano di fatto il grosso degli interessi cinesi attuali, dall’economia alla geopolitica. Sulle prime due leve – commerci e materie prime – si può lavorare sin da subito, considerando l’interscambio e gli affari fra la Cina e l’Occidente. Assai più complicata la questione di Taiwan, che non può essere regalata a Pechino e su cui negli ultimi anni la Cina ha alzato notevolmente la sua pressione militare e di accerchiamento. Ancora ieri Taiwan ha fatto sapere che 66 aerei da guerra cinesi sono stati rilevati attorno all’isola nelle ultime ventiquattr’ore. Alla faccia della pace e della stabilità a mandorla.

Di Massimiliano Lenzi

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