Bisognerebbe imparare a non sottovalutare i politici dai capelli bizzarri. Il 16 giugno del 2015 Donald Trump spiegava al mondo che era venuto il suo momento perché «nulla viene mai realizzato», «i politici sono solo chiacchiere» che, «credetemi, non ci porteranno mai nella terra promessa».
Il 22 luglio del 2019 Boris Johnson vinceva le primarie del Partito conservatore britannico e due giorni dopo diventava premier portando il Regno Unito fuori dall’Unione europea, cosa che non era riuscita alla altrettanto compassata Theresa May.
L’Argentina ha provato a ironizzare su Javier Milei, detto “El Peluca” (la parrucca) per via di una zazzera impenitente che sostiene di non aver mai voluto domare col pettine. Economista ‘iperliberal’, nemico giurato della grieta – così si chiama l’infinito derby argentino tra destra e sinistra – e della «casta» di politici «parassiti» buoni solo a rubare.
Fonda il partito “La libertà avanza”, si candida alle elezioni e conquista un seggio alla Camera, dove dal 10 dicembre darà spettacolo. «Non aumenteremo mai le tasse, non andremo mai contro la libertà, la proprietà e la vita».
Per lui tutti i politici rubano, ma la sinistra è quella delle promesse più inattendibili, se è vero che dopo decenni di politiche assistenzialiste il 40% degli argentini vive sotto la soglia di povertà. È la ragione per cui il neo parlamentare – che tra le altre cose rivendica anche conoscenze di sesso tantrico – ha in Jair Bolsonaro, fustigatore di tutti i comunismi, uno dei suoi punti di riferimento. Nel suo immaginario Pantheon trovano posto anche Winston Churchill e Margareth Thatcher, quasi una bestemmia per gli argentini che l’hanno vista comandare la riconquista delle Malvinas e renderle per sempre Falklands.
Il 18% di consensi guadagnato a Buenos Aires lo userà per «dinamitare» il Parlamento, versione molto più scapigliata della scatoletta di tonno da aprire. In sintesi, è un perfetto figlio di questo tempo. «Mi sentirei molto a mio agio in una stanza condivisa con Trump». A spanne, un salone di barbiere.
Di Raffaele Bertini
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