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L’imperialismo traditore

Quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare con 5mila testate, le si disse che per mantenere un equilibrio di forze in Europa era necessario che quelle testate nucleari passassero sotto il controllo sovietico.
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L’imperialismo traditore

Quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare con 5mila testate, le si disse che per mantenere un equilibrio di forze in Europa era necessario che quelle testate nucleari passassero sotto il controllo sovietico.
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L’imperialismo traditore

Quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare con 5mila testate, le si disse che per mantenere un equilibrio di forze in Europa era necessario che quelle testate nucleari passassero sotto il controllo sovietico.
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Quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare con 5mila testate, le si disse che per mantenere un equilibrio di forze in Europa era necessario che quelle testate nucleari passassero sotto il controllo sovietico.
Le parole sono importanti, il resto sono chiacchiere. Una premessa necessaria per rimettere un po’ a posto quel che dalle parole – non dalle chiacchiere – deriva. Nello specifico, in Ucraina non è in atto una guerra. In Ucraina c’è un popolo che è stato invaso. Sulla base di un tradimento, c’è un aggressore e un aggredito. Parafrasando Brecht, «È semplice, tutti lo possono capire». Una invasione avvenuta all’alba del 24 febbraio dopo l’ubriacatura decubertiana – ma non troppo – dei Giochi olimpici, che la Russia non aveva voluto disturbare, svolgendosi i medesimi in quel di Pechino (…). E perché mai Putin ha invaso l’Ucraina? Oibo! Ma perché – in spregio agli accordi presi – vuole ricreare l’impero di tutte le Russie: non una rediviva Unione Sovietica dei suoi bei tempi al Kgb, ma quella di Pietro il Grande e/o Caterina di Russia; to’, in subordine, dei Romanov ‘consigliati’ da Rasputin: quel sant’uomo che credeva fermamente nell’assolutismo imperiale. La cifra che sta alla base dell’invasione dell’Ucraina è infatti di stampo imperialistico. Lo stesso delirio che portò un ometto impotente e paranoico a malintendere la “volontà di potenza” di stampo nietzschiano, invadendo la Polonia. Se vogliamo essere più romantici (si fa per dire), lo stesso che portò gli Achei a invadere Ilio. Nel mezzo, tutte le altre invasioni, comprese quelle dei Pokemon. Tornando a Kiev, siccome tertium non datur delle due l’una: l’Ucraina o si difende o si arrende. L’ipotesi diplomatica è impercorribile per mancanza di interlocutore. Putin non è uomo (si fa sempre per dire) disposto a ‘interloquire’. Le polemiche di questi giorni si alzano da salottieri che, fra un bagnoschiuma e un’amatriciana, fanno la guerra alla guerra. Spendono cioè belle parole – come le loro anime – in nome della pace, fra un arcobaleno e un «Io sto con…» (ché non vedono l’ora di “stare con qualcuno” per registrare il tagliando progressista). In questo caso «con la pace», come tutte le aspiranti miss. Belle parole frutto di un pensiero coccolato nella bambagia di una condizione privilegiata: quella di vivere sotto l’ombrello di una Nato che garantisce bagnoschiuma e amatriciana. Non come gli ucraini, traditi. È bene ricordare alle suddette anime belle che spingono il loro bel canto di pace fino al Donbass, che quando l’Ucraina era la terza potenza nucleare con 5mila testate, le si disse che per mantenere un equilibrio di forze in Europa era necessario che quelle testate nucleari passassero sotto il controllo sovietico. In cambio, avrebbero ricevuto protezione. Davvero? «Davvero, giurin giurello! C’è già qui pronto un trattato». Nel luglio del 1991 furono infatti siglati gli Accordi Start. Cinque mesi dopo l’Urss collassò. Scaduto come uno yogurt nel 2009, il trattato fu rinnovato e a oggi rappresenta l’unica “carta” che canta in materia di disarmo nucleare. Fino al prossimo 2026. di Pino Casamassima

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