Morire per Kiev? I fantasmi del passato e la realtà
Conviene essere sinceri, rischiando di essere brutali: non c’è nessuno in Europa disposto a morire per Kiev. La pace si salva solo garantendo la libertà dei popoli
Morire per Kiev? I fantasmi del passato e la realtà
Conviene essere sinceri, rischiando di essere brutali: non c’è nessuno in Europa disposto a morire per Kiev. La pace si salva solo garantendo la libertà dei popoli
Morire per Kiev? I fantasmi del passato e la realtà
Conviene essere sinceri, rischiando di essere brutali: non c’è nessuno in Europa disposto a morire per Kiev. La pace si salva solo garantendo la libertà dei popoli
Conviene essere sinceri, rischiando di essere brutali: non c’è nessuno in Europa disposto a morire per Kiev. La pace si salva solo garantendo la libertà dei popoli
Diciamola tutta: la gran parte della pubblica opinione, compresa quella che è risolutamente contraria al dittatore russo Vladimir Putin e ancor più alla vergognosa aggressione militare dell’Ucraina, ha un atteggiamento molto blando nei confronti di qualsiasi ipotesi di sostegno più ampio – per non dire diretto – alla difesa di Kiev contro l’orso russo.
Anche fra chi non ha mai dubitato neppure per un istante della necessità di non far vincere Vladimir Putin, di non consentire lo scempio della libertà, della democrazia e del diritto internazionale, in Italia (come nella stragrande maggioranza dei Paesi europei e occidentali) la quota di chi senta l’urgenza – prima ancora dell’obbligo morale – di far di più in favore dell’Ucraina non solo non accenna ad aumentare ma si ha la netta sensazione si stia contraendo.
Scorgiamo una sorta di rapporto diretto: quanto più si alzano i toni degli allarmi per la capacità del Paese aggredito di resistere alla lenta, macchinosa, ma inesorabile avanzata russa, più la pubblica opinione sembra reagire con un misto di fastidio e paura.
Conviene essere sinceri, rischiando di essere brutali: non c’è nessuno in Europa disposto a morire per Kiev.
Se ne trovano variamente favorevoli all’invio di più soldi e persino più armi, ma anche la sola ipotesi di dover rischiare un conflitto armato è semplicemente fuori dall’ordine di pensiero dell’intero continente. Il che, intendiamoci, è anche l’ennesima conferma di quel miracolo che si chiama Unione europea: una costruzione che avrà tutti i difetti che tanti si ostinano a sottolineare, ma ha contribuito in modo determinante a garantire la pace fra Paesi che hanno portato l’uomo a vivere i peggiori orrori della storia.
Solo che adesso non c’è verso di far capire la dimensione del rischio, il pericolo che incombe su tutti noi, non solo su Odessa e Kiev. Ne avremo la prova plastica fra poche settimane con la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo giugno: siamo pronti a scommettere che nessuno fra i politici dei 27 Paesi avrà la forza d’animo necessaria a parlare dell’impensabile. Non per fare la guerra, ma per salvare la pace.
E la pace si salva solo garantendo la libertà dei popoli.
Proprio in Europa, più che in qualsiasi altro angolo della terra, dovremmo sapere benissimo cosa abbia significato non voler guardare la verità della violenza e della tirannide.
Sono tanti e aumenteranno sempre più quelli che ci inviteranno a trovare un accordo con il dittatore, a sacrificare qualcosa, concedere qualche pezzo di terra e di dignità.
Stiamo molto attenti a quello che decideremo di fare.
di Fulvio Giuliani
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