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Morire per Kiev?

Le democrazie occidentali non sanno dirsi fino a dove spingersi per impedire all’aggressore – oggi Vladimir Putin – di vincere la sua guerra

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Morire per Kiev?

Le democrazie occidentali non sanno dirsi fino a dove spingersi per impedire all’aggressore – oggi Vladimir Putin – di vincere la sua guerra

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Morire per Kiev?

Le democrazie occidentali non sanno dirsi fino a dove spingersi per impedire all’aggressore – oggi Vladimir Putin – di vincere la sua guerra

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Le democrazie occidentali non sanno dirsi fino a dove spingersi per impedire all’aggressore – oggi Vladimir Putin – di vincere la sua guerra

Morire per Kiev? Morire per Odessa? Ponemmo già questa domanda in un recente passato, ricordando provocatoriamente quelle sprezzanti che la stampa occidentale si faceva nei cupi mesi che precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale con l’attacco tedesco alla Polonia. Allora ci si chiedeva se morire o meno per Danzica. I paralleli si fermano qui e con la storia è meglio non giocare cercando a ogni costo paragoni o analogie. Di sicuro, come allora, le democrazie occidentali non sanno dirsi fino a dove spingersi per impedire all’aggressore – oggi Vladimir Putin, pericolosamente vicino a ottenere risultati strategici nel sud-est dell’Ucraina – di vincere la sua guerra.

Uomini sul terreno, dunque un confronto diretto e dichiarato con la Russia, sono fuori questione se non in qualche dichiarazione di puro principio che ogni tanto il presidente francese Emmanuel Macron sembra ripetere più che altro per sondare lo stato degli umori europei e più in generale occidentali. Basti pensare alle posizioni del nostro governo, esplicite nell’escludere qualsiasi intervento, pur nell’assoluto appoggio alla causa ucraina.

Solo che banalmente non funziona: se l’Ucraina non ce la fa e se la Nato non può accettare i tank di Putin a Kiev, le opzioni superstiti sono pochissime. Sostanzialmente una: armare lo Stato aggredito come non si è mai fatto, dandogli un’ipotesi di resistenza e reazione che nelle ultime settimane sembra purtroppo allontanarsi. Eppure, armare (ipoteticamente) in questo modo significa di fatto sfidare apertamente Mosca e fornire al governo ucraino strumenti per portare la guerra in territorio russo.

Di offesa, non più di sola difesa, come disperatamente invocato dal presidente Volodomir Zelensky. La differenza resta sostanziale, perché l’Occidente oggi come oggi non può neppure pensare di correre il rischio di vedere tornare i propri soldati nelle bare, ma politicamente fatichiamo a scorgere delle differenze. Putin, qualora avesse reali mire verso Ovest, avrebbe gioco sin troppo facile ad utilizzare gli arsenali occidentali come casus belli. Già adesso mostra le armi della Nato e di chi sostiene l’Ucraina come trofei di guerra nei parchi di Mosca, figurarsi…

Brutta situazione, inutile girarci intorno, anche se – volendo tornare alla memoria storica – fu proprio il calcolo clamorosamente sbagliato da Hitler sulla volontà delle democrazie di tener fede alla propria parola e alla capacità di battersi contro il mostro nazifascista a condurre alla rovina lui e il suo Paese. C’è da augurarsi che il dittatore di Mosca non abbia voglia di saggiare l’Occidente di oggi e si accontenti delle lezioni della storia.

Non ci faremmo grande affidamento e Usa ed Europa farebbero bene a spingere in ogni modo sulla Cina perché molli Putin nell’interesse di tutti, anche il suo. La visita europea di Xi, da questo punto di vista, è un’occasione che dobbiamo augurarci non venga assolutamente sprecata.

Di Fulvio Giuliani

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