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Mosca arruola ragazze sudafricane per la costruzione dei droni bellici

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Mosca e la tratta di ragazze in Sudafrica per la costruzione di droni impiegati nell’invasione dell’Ucraina

Mosca arruola ragazze sudafricane per la costruzione dei droni bellici

Mosca e la tratta di ragazze in Sudafrica per la costruzione di droni impiegati nell’invasione dell’Ucraina

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Mosca arruola ragazze sudafricane per la costruzione dei droni bellici

Mosca e la tratta di ragazze in Sudafrica per la costruzione di droni impiegati nell’invasione dell’Ucraina

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Mosca – C’era una volta il mito dei Brics. Il mito di un’organizzazione economica basata sull’uguaglianza tra le nazioni che vi aderiscono e su una maggiore attitudine alla giustizia sociale. Almeno per chi era disposto a crederci. O almeno fino a quando, qualche giorno fa, è iniziata a circolare la notizia che la Russia recluta ragazze sudafricane tra i 18 e i 22 anni per far loro produrre droni da utilizzare per la guerra in Ucraina.

Queste donne, prelevate dai quartieri poveri di Johannesburg, vengono inviate in Tatarstan (repubblica musulmana della Federazione russa) in una zona economica speciale denominata Alabuga dove vengono offerti salari molto alti per gli standard sudafricani. Ad Alabuga si produce mensilmente una buona parte di quei 6mila “Shahed 136” (i droni kamikaze low cost che hanno sostituito quelli di produzione iraniana) che piovono giorno e notte sulle teste dei civili ucraini.

C’è qualcosa di tragico e di singolare in questa moderna tratta degli schiavi che coinvolge da un lato un Paese orgoglioso di essersi liberato dall’apartheid soltanto trent’anni fa e dall’altro la Russia, culla di tutte le rivoluzioni socialiste del Novecento. Inizialmente la notizia era circolata sui media russi e ucraini e ora è stata supportata da un dossier di 37 pagine della prestigiosa organizzazione svizzera Global Initiative Against Transnational Organized Crime. «In Russia c’è una grande richiesta di manodopera. La popolazione sta gradualmente diminuendo e invecchiando, mentre la morte di centinaia di migliaia di uomini sul fronte ucraino ha portato a un deficit ancora maggiore nel mercato del lavoro. Nel frattempo in Sudafrica un terzo della popolazione in età lavorativa è disoccupata» ha confermato Lebogang Zulu, leader dell’Alleanza delle donne sudafricane.

La Russia richiede alle sue società partner in Sudafrica soprattutto personale femminile appena maggiorenne perché più docile e senza esperienze lavorative. Ma non tutto è oro quello che luccica, perché è lastricato di sfruttamento e d’inganno. Qualche tempo fa lo stabilimento ittico di Kaliningrad “Za Rodinu” aveva iniziato ad assumere lavoratori indiani. In seguito al consumo dei prodotti dell’azienda, alcuni lavoratori stranieri avevano contratto il botulismo, generando una violenta reazione xenofoba nella popolazione locale. Tuttavia è chiaro che la migrazione di forza-lavoro proveniente da Paesi poveri porta con sé spesso problemi sanitari. Questa dinamica si accompagna alla riduzione della presenza di migranti provenienti dalle ex repubbliche sovietiche del Centro Asia. Dopo l’attentato dello scorso anno a Mosca di un gruppo terroristico islamico nel quale vennero uccise 150 persone, ottenere il permesso di soggiorno in Russia è diventato assai più difficile per chi arriva dal Kirghizistan o dal Tajkistan.

Comunque lo scoop delle donne sudafricane in Russia è diventato così vistoso che il governo sudafricano ha dovuto puntualizzare che il reclutamento non avviene attraverso le proprie agenzie, ma per mezzo di società private che per promuovere questo business utilizzano decine di influencer operanti sui social media sudafricani. Dal Cremlino, invece, non è giunta alcuna reazione.

Intanto nel maggio scorso è stato stipulato un accordo tra le autorità russe e quelle sudafricane per l’assunzione di 5,600 dipendenti per la società di costruzioni “Etalonstroy Ural”. Tuttavia questa società risulta essere null’altro che una copertura, visto che ha solo ha solo 7 dipendenti pur esistendo da ben 11 anni.

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