Nabizada, martire della fedeltà
| Esteri
L’omicidio dell’ex deputata Mursal Nabizada, freddata nel suo appartamento da mano ignota insieme a una sua guardia che ha provato a difenderla, incupisce il silenzio delle notti di Kabul.
Nabizada, martire della fedeltà
L’omicidio dell’ex deputata Mursal Nabizada, freddata nel suo appartamento da mano ignota insieme a una sua guardia che ha provato a difenderla, incupisce il silenzio delle notti di Kabul.
| Esteri
Nabizada, martire della fedeltà
L’omicidio dell’ex deputata Mursal Nabizada, freddata nel suo appartamento da mano ignota insieme a una sua guardia che ha provato a difenderla, incupisce il silenzio delle notti di Kabul.
| Esteri
La notte è silenziosa a Kabul. Dopo vent’anni di esuberante presenza americana, il regime talebano ha imposto il burqa’ alle donne che la abitano, mentre un altro velo – invisibile ma non meno reale – è calato sulla vita della città. «Lā ʾilāha ʾillā llāh, Muhammadun rasūlu llāh» (Non c’è altro Dio che Allah e Maometto è il Suo messaggero): le dichiarazioni di fede sono l’unico decoro rimasto nelle vie presidiate dai soldati dell’Emirato, che prima combattevano vestendo il šalwār qamīz – la tunica tradizionale – e ora indossano le divise tattiche statunitensi requisite ai soldati della Repubblica sconfitta. A parte questo upgrade marziale, il governo del miramolino Hibatullah Akhundzada s’è però dimostrato parco d’iniziative benefiche per il suo popolo mentre si moltiplicavano invece le ritorsioni contro i collaboratori del precedente governo. Comunque sottotraccia, fino a ora.
Sabato scorso le strade della capitale erano state appena bagnate da una pioggerella, portata presto via da una leggera brezza. AI calare del sole i suoi abitanti avevano lasciato le strade a quel secco freddo di gennaio che porta le temperature sottozero, ritirandosi nella sicurezza dei propri domicili. Verso le tre di notte il silenzio della casa dell’ex deputata Mursal Nabizada, situata nel quartiere Salim Karwan del Dodicesimo distretto di Kabul, è stato però interrotto da un rumore inconsueto. Nabizada si trovava al primo piano, dov’era solita lavorare, in compagnia del fratello e di ben tre guardie del corpo. Una sicurezza necessaria a causa della misoginia dell’attuale governo ma che si è dimostrata inefficace contro il sicario che l’ha raggiunta.
Nata trentadue anni fa nella provincia orientale del Nangarhar alle falde delle Spīn Ghar (i Bianchimonti) al confine col Pakistan, dalla sua elezione nel 2018 alla Wolesi Jirga – la Camera bassa del Parlamento afghano – era stata sempre critica riguardo le intromissioni del Paese vicino nelle faccende interne dell’Afghanistan. Soprattutto lamentava la mancata repressione delle tribù talebane che agivano indisturbate da entrambi i lati del confine. Nonostante questo, nell’agosto di due anni fa aveva deciso di non abbandonare il suo Paese. «L’Afghanistan non è un ristorante che posso lasciare perché non mi piace il servizio, è la mia terra e starò a fianco del mio popolo» aveva risposto a chi le aveva offerto un salvacondotto per l’Occidente.
Una decisione coraggiosa che l’ha resa un bersaglio. Il suo assassino è salito al piano superiore della casa e ha sparato diversi colpi di pistola, uccidendo lei e una delle guardie che ha provato a difenderla. Un’altra è rimasta ferita insieme al fratello dell’ex deputata, mentre il terzo guardiano pare sia scappato con i beni preziosi custoditi in casa. L’assassino è quindi scomparso e ora le indagini sono in mano alla polizia talebana, che nei casi di queste misteriose eliminazioni spesso indica motivazioni private o faide tra famiglie. Tutto fuorché lo scomodo movente politico che renderebbe l’eliminazione di Mursal Nabizada un chiaro salto di qualità nel repulisti talebano contro il progresso. Affinché la notte di Kabul sia sempre più silenziosa.
di Camillo Bosco
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