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Nelson Mandela, il sognatore realista

Il 26 aprile 1994 il Sudafrica viene chiamato alle urne e la comunità nera può finalmente partecipare alla scelta del leader che dovrà guidare il Paese. Trionfa Nelson Mandela

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Nelson Mandela, il sognatore realista

Il 26 aprile 1994 il Sudafrica viene chiamato alle urne e la comunità nera può finalmente partecipare alla scelta del leader che dovrà guidare il Paese. Trionfa Nelson Mandela

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Nelson Mandela, il sognatore realista

Il 26 aprile 1994 il Sudafrica viene chiamato alle urne e la comunità nera può finalmente partecipare alla scelta del leader che dovrà guidare il Paese. Trionfa Nelson Mandela

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Il 26 aprile 1994 il Sudafrica viene chiamato alle urne e la comunità nera può finalmente partecipare alla scelta del leader che dovrà guidare il Paese. Trionfa Nelson Mandela

Allo stadio di Wembley di Londra l’11 giugno 1988 è in programma un concerto. Ma non uno qualunque: è un evento dedicato a un uomo che quel giorno compie 70 anni. Lui però non è lì a festeggiare perché è in prigione dall’altra parte del mondo, a Città del Capo in Sudafrica. Ce l’hanno messo nel 1964 e poi l’hanno pure condannato all’ergastolo. Non parliamo di un criminale, ma di qualcuno che è in carcere per le sue idee: ha difeso la sua gente da un mostro chiamato apartheid. In quel giorno di giugno, in diretta tv, anche il mondo del rock decide di far sentire la propria voce per chiedere la liberazione di quell’uomo il cui nome è Nelson Mandela.

Altra scena. Stesso luogo, ma due anni più tardi: il 16 aprile 1990. Un altro concerto è in corso. A un certo punto dello spettacolo sale sul palco una figura magra e dai capelli grigi. Prende la parola e pronuncia un discorso al termine del quale lo stadio parte con un applauso che dura 8 minuti. Ed è normale, perché colui che ha appena parlato davanti agli 80mila di Wembley è proprio Nelson Mandela, tornato finalmente libero. Nel febbraio del 1990, dopo le insistenti pressioni della comunità internazionale, il presidente del Sudafrica Frederick William de Klerk ne aveva infatti firmato la scarcerazione dichiarando anche la fine dell’illegalità per l’African National Congress (Anc), il partito di riferimento della comunità nera sudafricana. Da uomo libero Mandela sa perfettamente che può fare molto per il suo Paese. E ora che l’Anc non è più fuorilegge – e il popolo sudafricano può scegliere democraticamente il proprio leader – la strada può essere una soltanto: vincere le prossime elezioni, le prime a suffragio universale nella storia del Sudafrica. Così, nel febbraio del 1994, “Madiba” (nomignolo con cui Mandela veniva chiamato nella propria tribù) annuncia ufficialmente la sua intenzione di correre per la carica di presidente della Repubblica, fra l’entusiasmo del mondo intero.

Il 26 aprile dello stesso anno il Sudafrica viene chiamato alle urne e la comunità nera può finalmente partecipare alla scelta del leader che dovrà guidare il Paese. Milioni di persone trascorrono ore intere in fila davanti ai seggi, consce di poter scrivere una nuova pagina nel destino della nazione. Il giorno dopo arriva il responso: Nelson Mandela trionfa e diviene il primo presidente di colore nella storia dello Stato africano. È la fine ufficiale dell’apartheid e l’inizio del sogno della “Nazione Arcobaleno”, nella quale le differenze legate al colore della pelle e alla razza debbono cessare di esistere. Un obiettivo ambizioso, che Mandela raggiungerà sia attraverso la politica sia tramite strumenti più ‘popolari’. Come quando nel 1995 – in occasione dei Mondiali di rugby organizzati in Sudafrica – utilizzerà lo sport e il sostegno alla Nazionale come veicolo per unire bianchi e neri verso una causa comune. Curiosamente, il braccio sportivo di Mandela sarà un bianco: François Pienaar, capitano degli Springboks (così vengono chiamati familiarmente i giocatori della Nazionale), li porterà a trionfare sul campo. Tenendo fede alla promessa fatta a “Madiba” mesi prima, quando questi gli aveva chiesto di «vincere e unire la nazione».

Nell’immaginario popolare quel trionfo agonistico diviene il battesimo del ‘nuovo Sudafrica’, quello nato subito dopo le storiche elezioni del 1994. Un ideale di unità e coesione relegato per anni all’interno delle mura di un’ingiusta prigionia, ma che era destinato a rompere quelle sbarre per volare in alto. Come solo i sogni riescono a fare.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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