Parla Oleh Sobutskyy, miliardario ucraino in trincea
Parla Oleh Sobutskyy, miliardario ucraino in trincea
Parla Oleh Sobutskyy, miliardario ucraino in trincea
Da quando la Russia ha aggredito la prima volta l’Ucraina nel 2014, il 51enne Oleh Sobutskyy difende il proprio Paese dall’invasore. Da nove anni non trascorre più un Natale né una Pasqua in famiglia. Da quando Putin ha occupato la Crimea e messo a ferro e fuoco il Donbass, Oleh li trascorre sempre assieme ai militari dando il suo contributo alla causa. Anche economico. Perché un marito e un padre affettuoso decida di imbracciare il fucile e arruolarsi fra i volontari resta comprensibile solo se ci si sforzi di mettersi nei suoi panni. Fatta questa premessa, si può comprendere meglio la ragione per cui – quando un anno fa seppe dei carri armati russi in terra ucraina – salì sul suo jet privato per tornare subito in patria.
Oleh è infatti un miliardario che possiede una delle prime aziende del Paese, attiva nella produzione e distribuzione di prodotti da forno. Un impero che conta migliaia di dipendenti. Rifornisce oltre 19mila punti vendita in Ucraina ed esporta i suoi prodotti in tutto il mondo. Essendo a capo di un asset strategico nel campo agroalimentare, non rientrerebbe fra quelli che devono andare in guerra. Se si trova in trincea è soltanto perché è lui a volerlo. Per poter combattere ha dovuto sottoscrivere un documento con il quale ha assegnato momentaneamente a un’altra persona la guida dell’azienda. «Era l’unica decisione che potessi prendere» ci racconta al telefono. «Qui siamo tutti uguali, mossi da un unico scopo comune: la vittoria». Quando gli chiediamo se gli sia mai capitato di uccidere una persona, non risponde in modo diretto con un sì o un no. E lo capiamo. «Non ci si abitua mai a uccidere, perché non è una cosa normale. A tutti noi servirà una riabilitazione psicologica prima di tornare alla vita di tutti i giorni. In questi anni ho visto centinaia di morti e quelle scene non me le toglierà mai nessuno dalla testa».
Oleh ha anche girato sul telefono alcune immagini che raccontano solo una parte di questo orrore e che, per ovvi motivi, non sono pubblicabili. Come la foto di un bambino di sei anni che lui stesso ha portato in braccio fino al campo più vicino perché venisse soccorso (il corpicino nudo e insanguinato, un polpaccio grande come metà del suo busto, in necrosi, praticamente imploso). L’abbiamo vista e non la dimenticheremo nemmeno noi. Il piccolo, purtroppo, non ce l’ha fatta.
L’imprenditore – proprietario di diverse squadre di calcio – è anche vicepresidente dell’associazione che riunisce ex calciatori non più in attività, tra cui anche l’amico Andriy Shevchenko con cui ha appena organizzato un torneo in Norvegia per la raccolta di fondi. Con il presidente Volodymyr Zelensky dice che ora si sentono di meno ma in passato si frequentavano con una certa costanza, soprattutto in occasione dei compleanni. Sul finire della nostra chiacchierata vuole assolutamente ringraziare tutti i Paesi europei per il sostegno dato all’Ucraina e in particolar modo noi italiani. «Anche Silvio Berlusconi?» gli chiediamo provocatoriamente: «Un Paese è come una grande famiglia. Ci sono tante persone diverse, ma io sono sicuro che la stragrande maggioranza degli italiani stia con noi».
di Ilaria Cuzzolin
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