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Da Walesa a Kaczynski

Il vicepremier polacco Kaczynski ha chiesto un intervento della Nato, pur consapevole che questa sia una strada impraticabile. Ma questa richiesta è figlia dell’esperienza che ha insegnato ai polacchi a non fidarsi di Mosca.
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Da Walesa a Kaczynski

Il vicepremier polacco Kaczynski ha chiesto un intervento della Nato, pur consapevole che questa sia una strada impraticabile. Ma questa richiesta è figlia dell’esperienza che ha insegnato ai polacchi a non fidarsi di Mosca.
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Da Walesa a Kaczynski

Il vicepremier polacco Kaczynski ha chiesto un intervento della Nato, pur consapevole che questa sia una strada impraticabile. Ma questa richiesta è figlia dell’esperienza che ha insegnato ai polacchi a non fidarsi di Mosca.
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Il vicepremier polacco Kaczynski ha chiesto un intervento della Nato, pur consapevole che questa sia una strada impraticabile. Ma questa richiesta è figlia dell’esperienza che ha insegnato ai polacchi a non fidarsi di Mosca.
«Putin vuole ripulire l’Ucraina dagli ucraini». Lech Walesa, l’ex operaio elettricista dei cantieri di Danzica che fondò in Polonia Solidarność, il primo sindacato libero durante il comunismo, ha invitato l’Occidente a una grande solidarietà per fermare la guerra di Putin. Le parole di Walesa, uomo che ben sapeva leggere i tic dei sovietici ai tempi della dittatura subìta dal suo popolo, sono il punto di partenza per riflettere sulle dichiarazioni di un altro politico polacco, l’attuale vicepremier Jaroslaw Kaczynski. Prima di farlo, una premessa: la Polonia è Paese membro dell’Unione europea e nazione che fa parte della Nato; per la sua storia e le sue sofferenze, ogni volta che gira il proprio sguardo a Est non può fare a meno di sospettare la prepotenza dei russi e di aver l’istinto di proteggersi da Mosca mentre, se si volge a Occidente, spontaneamente invita gli alleati alla battaglia per le libertà contro i russi. La Polonia che l’Unione europea accolse era più la Polonia di Walesa che quella di Kaczynski. Intendiamoci, le organizzazioni pluristatali e democratiche stanno insieme per ragioni differenti, avendo come fine comune le libertà e la collaborazione fra tutti i loro membri. Differenze importanti di storia, geografia e abitudini che rappresentano una ricchezza. L’Unione europea, ad esempio, fino a poco prima dell’invasione russa in Ucraina bisticciava con la Polonia sulla terzietà dei giudici e sulle politiche di accoglienza ai migranti. Quel che conta è che oggi queste differenze siano diventate laterali di fronte alla sostanza della tragedia che si sta consumando e alla necessità di difendere autonomia, diritti e libertà degli ucraini bombardati dai russi. Certo, Jaroslaw Kaczynski non è Lech Walesa e ogni tanto si lascia prendere la mano. In queste ore, ad esempio, dopo aver partecipato martedì a Kiev – insieme ai primi ministri polacco, ceco e sloveno – a un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e con il primo ministro Denys Chmygal, ha fatto sapere che la Polonia ha richiesto «una missione di pace» della Nato, «protetta da forze armate», per aiutare l’Ucraina. «Questa missione – ha sottolineato Kaczynski – non può essere disarmata. Deve cercare di fornire aiuti umanitari e pacifici all’Ucraina». Non ci vuole molto a rendersi conto che una missione con quelle modalità, scortata da forze armate Nato in territorio ucraino, innescherebbe un probabile scontro diretto tra la stessa Nato e la Russia, con conseguenze imprevedibili, e che per questa ragione (ma non solo) non sia una soluzione praticabile. Ma questo Kaczynski dovrebbe saperlo. di Massimiliano Lenzi

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