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«Pronto Xi?» L’Afghanistan al telefono

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L’inclusione della Cina (e anche della Russia) nel gran risiko della crisi afghana.

«Pronto Xi?» L’Afghanistan al telefono

L’inclusione della Cina (e anche della Russia) nel gran risiko della crisi afghana.
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«Pronto Xi?» L’Afghanistan al telefono

L’inclusione della Cina (e anche della Russia) nel gran risiko della crisi afghana.
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Che sia benedetta la linea rossa. Metti una cornetta a Roma e una a Pechino. E prendi il presidente Draghi che chiama al telefono il capo comunista cinese Xi Jinping. Scopo: trovare una soluzione politica e non violenta alla crisi dell’Afghanistan e all’avvento al potere dei talebani. Mario Draghi, in questa telefonata, di frecce al proprio arco ne aveva soprattutto una: il G20 di fine ottobre che sarà presieduto dall’Italia e che potrebbe partorire – a latere, se si troverà il consenso delle potenze mondiali – anche un G20 straordinario sulla situazione in Afghanistan. In questa scommessa politica, di certo coraggiosa, del presidente Draghi ci sono almeno un paio di elementi interessanti. Il primo: il tentativo di riportare al centro delle questioni internazionali, in un momento di debolezza manifesta degli Stati Uniti quale player della pace nel mondo, la vecchia Europa. La seconda: l’Italia protagonista.

L’ultima volta che è capitato c’era Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e il vertice fu quello di Pratica di Mare. Anno 2002.

La speranza allora era quella di includere la Russia nel consesso dei vertici diplomatici occidentali e del mondo libero. Oggi il nostro presidente del Consiglio scommette sull’inclusione della Cina (e anche della Russia, ma questo è più facile) nel gran risiko della crisi afghana. Se gli riuscirà – il che sarebbe un gran colpo politico – a Pechino passeranno dall’anno del Drago all’anno del Draghi. Al plurale. Il che sarebbe comunque un successone.   Di Aldo Smilzo

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