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Buona la prima

Re Carlo III ha superato la prima prova. Era giusto e naturale non attendersi nulla di epocale dal primo discorso al regno a al Commonwealth del successore di Elisabetta II, così come del tutto scontato che anche le sillabe sarebbero state pesate nel breve ‘speech’ di saluto del nuovo sovrano
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Buona la prima

Re Carlo III ha superato la prima prova. Era giusto e naturale non attendersi nulla di epocale dal primo discorso al regno a al Commonwealth del successore di Elisabetta II, così come del tutto scontato che anche le sillabe sarebbero state pesate nel breve ‘speech’ di saluto del nuovo sovrano
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Buona la prima

Re Carlo III ha superato la prima prova. Era giusto e naturale non attendersi nulla di epocale dal primo discorso al regno a al Commonwealth del successore di Elisabetta II, così come del tutto scontato che anche le sillabe sarebbero state pesate nel breve ‘speech’ di saluto del nuovo sovrano
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Re Carlo III ha superato la prima prova. Era giusto e naturale non attendersi nulla di epocale dal primo discorso al regno a al Commonwealth del successore di Elisabetta II, così come del tutto scontato che anche le sillabe sarebbero state pesate nel breve ‘speech’ di saluto del nuovo sovrano
Mostrando con aplomb molto british il dolore per la scomparsa dell’anziana madre, Carlo ha segnato un primo punto non trasmettendo un’immagine algida, distaccata o – peggio – indifferente. Ha parlato di una perdita nell’ordine delle cose eppure gigantesca, anche sul piano personale. Carlo ha detto ciò che era lecito aspettarsi, proprio nel rispetto dell’eredità di una sovrana irripetibile come ‘mammy’ Elisabetta. Non ha cercato distacchi anche solo accennati, men che meno deviazioni insensate e azzardate al solco di una tradizione che avrà il compito più che arduo di adattare, non sovvertire. Avesse anche avuto solo in animo qualcosa del genere – e riteniamo non sia proprio il caso del nuovo re – avrebbe semplicemente sancito il rapido avvio sul viale del tramonto della tradizione e della Corona. Un ottimo inizio “professionale“, insomma. Molto in queste ore si ragiona sul breve, ma sentito passaggio dedicato al figlio ormai lontano, “Harry che continuerà a costruire la sua vita con Meghan oltreoceano“. La ferita non è sanata e forse non lo sarà mai, ma il re ha teso la mano, poi bisogna sempre essere in due per fare la pace. Passaggio molto meno commentato, come se certi tic e determinate abitudini mediatiche non tramontassero mai, quello dedicato alla moglie Camilla. Parole vere, venate di amore sincero per la compagna di una vita che ha commesso errori, ricoperto per lunghissimi anni il ruolo più scomodo che potesse esistere, quello di usurpatrice della favola vissuta da mezzo mondo. Moltissimi uomini o donne al sul posto, crediamo quasi tutti, ne sarebbero usciti devastati o trasformati in cinici a caccia di rivalse o vendette. Lei ha saputo sopportare e attendere – possiamo supporre che questo sia piaciuto alla regina – non osando neanche per un istante pensare di poter affiancare o sostituire una figura affidata al mito 25 anni fa. Lei e l’uomo oggi proclamato re Carlo III avrebbero certamente meritato altri percorsi, come Lady Diana Spencer di non essere attirata nella più dorata delle trappole, ma non era tempo. Lo stesso regno di Elisabetta II, cerchiamo di non dimenticarlo mai, origina da una scelta d’amore insostenibile per i tempi (che poi il Regno Unito e il mondo intero abbiano immensamente guadagnato dall’abdicazione di Edoardo VIII in favore di Giorgio VI è un’altra storia). Vicende e persone vanno sempre valutate contestualizzandole, altrimenti comprenderle è impossibile e si ricorre ai giudizi affrettati. Quanto di meno regale possa esistere. Di Fulvio Giuliani

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