Crisi al confine fra Bielorussia e Polonia: il dittatore bielorusso Lukashenko da solo non avrebbe mai avuto il coraggio e la forza di mettere in atto un ricatto così scoperto che vede protagonisti gli esseri umani.
Ciò che sta accadendo al confine fra Bielorussia e Polonia, quindi in un tratto di confine orientale dell’Unione europea, è stato illustrato da Maurizio Stefanini su queste stesse colonne. L’origine geopolitica della crisi non è in discussione ed è persino banale. Il dittatore bielorusso Lukashenko da solo non avrebbe mai avuto il coraggio e la forza di mettere in atto un ricatto così scoperto, ai danni dell’Unione e non certo della sola Polonia, senza l’avallo del suo protettore e naturale punto di riferimento Vladimir Putin.
Questo non è il Risiko, è la realtà certificata dalla telefonata del cancelliere tedesco Angela Merkel non certo a Lukashenko – in questa torbida storia l’equivalente dei servizi segreti bulgari a cui i sovietici, ai tempi della guerra fredda, appaltavano gli affari troppo sporchi persino per loro – ma direttamente il presidente russo. L’inevitabile mandante occulto (neppure troppo) di questa manovra politica.
Non torneremo sulle antiche origini di una tensione che lungo quei confini ha interessato due conflitti mondiali, vogliamo attirare la vostra attenzione sull’arma scelta per questo ricatto. Parliamo di esseri umani, con una palese predilezione per famiglie, bambini e donne, lucidamente raccolti e convogliati – con la promessa ingannevole di un ingresso in Europa – in un luogo dove tramutarli in carne da macello. Di questo stiamo parlando e dobbiamo ricordarlo ad alta voce, quando si riducono dei bambini alla sete.
Si badi, non siamo davanti a un danno collaterale, non è scappata la mano a qualcuno o andata peggio del previsto. È andata esattamente come si voleva, per colpire alla bocca dello stomaco l’Europa e ‘incolparla’ di non far nulla per queste povere anime. Loro li raccolgono e li usano e poi ci dicono: «Come potete non farli entrare e lasciarli soffrire così?». A voi il giudizio su quale dose di cinismo sia necessaria per architettare e realizzare un piano del genere, per arrivare a sfruttare a proprio esclusivo vantaggio politico la molla dell’etica europea. C’è da restare esterrefatti, pur rotti a tutte le recite e le esagerazioni a cui la politica estera di certi personaggi ci avrebbe dovuto abituare. A questo no, non è umanamente possibile.
Preso atto dei soggetti con cui si ha a che fare e detto che non si può essere troppo sorpresi, l’Europa deve essere ferma sui propri princìpi morali non negoziabili, ma anche attenta e scaltra. Attenta, molto, nei confronti della Polonia. Varsavia è stata lucidamente ‘individuata’ come ventre molle, per le sue attuali frizioni con Bruxelles. Scaltra nel non fare il gioco del nemico (il termine è forte, ma è con il nemico che si tratta e si fa la pace), come quarantott’ore fa, quando pur con le migliori intenzioni il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha straparlato di “muri“ pur di non far sentire sola la Polonia.
La presidente della Commissione Ue, Ursula Von Der Leyen, si è giustamente risentita, ma ciò che è accaduto è lo specchio della cronica incapacità dell’Unione di muoversi con una voce sola in politica estera. Tanto è vero, come scritto, che la mossa politicamente più dura e saggia l’ha fatta la Merkel – oltretutto in uscita – e non un rappresentante degli organismi europei. Crisi dai tratti ignobili come queste devono essere l’occasione di metter mano anche alla costruzione istituzionale comunitaria, non solo a quella economica. Altrimenti, ci sarà sempre un comodo Lukashenko da usare per colpire i punti deboli dell’Unione.
di Fulvio Giuliani
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