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Russi e ceceni tra "traditori" e TikToker

Russi e ceceni, tra “traditori” e TikToker

Dal fronte di Kharkiv arriva la notizia che sempre più russi e ceceni abbandonano la causa putiniana per arruolarsi nell’esercito ucraino. Tra loro, però, anche i “guerrieri TikTok”.
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Russi e ceceni, tra “traditori” e TikToker

Dal fronte di Kharkiv arriva la notizia che sempre più russi e ceceni abbandonano la causa putiniana per arruolarsi nell’esercito ucraino. Tra loro, però, anche i “guerrieri TikTok”.
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Russi e ceceni, tra “traditori” e TikToker

Dal fronte di Kharkiv arriva la notizia che sempre più russi e ceceni abbandonano la causa putiniana per arruolarsi nell’esercito ucraino. Tra loro, però, anche i “guerrieri TikTok”.
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Dal fronte di Kharkiv arriva la notizia che sempre più russi e ceceni abbandonano la causa putiniana per arruolarsi nell’esercito ucraino. Tra loro, però, anche i “guerrieri TikTok”.
Kyiv – Dal fronte caldo di Kharkiv giunge una buona nuova: sempre più militari russi si ‘convertono’, scegliendo volontariamente di passare nelle file dell’esercito ucraino. Mani in alto e bandiera bianca, arrivano a decine: non chiedono d’esser trattati come prigionieri ma di potersi arruolare subito, per lottare contro il regime dispotico che sta portando il loro Paese allo sfascio. «Sono molto attivi e determinati, instancabili» mi riferisce un veterano ucraino a cui è stato assegnato il compito di coordinarne le azioni. «Forniscono importanti indicazioni sul dislocamento e sui piani russi e sono fortemente motivati sul campo. Ritengono il loro gesto un’azione partigiana doverosa. Molti di loro hanno parenti ucraini, altri non intendono rendersi complici di un genocidio scientemente ordinato dal Cremlino. Se all’inizio molti sono stati inviati ai confini ucraini col pretesto di un’esercitazione, oggi – ammettono – non si può “non sapere”». Fin dalle prime fasi, anche molti ceceni hanno preso parte al conflitto tra le file ucraine. Agli ikheriani che hanno patito l’aggressione russa è ben chiaro chi sia l’invasore da respingere. A Groznyj dozzine di donne sono state recentemente arrestate per essere scese in piazza contro la mobilitazione. «La Russia uccide i ceceni ogni 50 anni», urlavano. Sul fronte interno opposto ci sono i kadyroviti, soprannominati “guerrieri TikTok” per il divismo ostentato sui social network. Armati sino ai denti, sfoggiano un aspetto brutale dinnanzi alle telecamere che si portano appresso durante le operazioni militari. La maggior parte dei video pubblicati in Rete sono messinscena: raffiche di mitra contro un palazzo vuoto e tra la vegetazione, oppure finte liberazioni di civili da seminterrati in cui pochi istanti prima erano stati costretti a entrare. I kadyroviti in realtà non dispongono di armi pesanti né di artiglieria o aviazione, ma sin dall’inizio del conflitto vengono impiegati nelle operazioni di più bieca macelleria. Ochur-Suge Mongush, mercenario di stanza nel battaglione Akhmat, sarebbe secondo “Bellingcat” e “Insider” l’artefice del macabro video e dell’esecuzione di un prigioniero di guerra ucraino scalpato, castrato e poi trascinato per i piedi da un’auto. Altri si sono resi partecipi dei peggiori crimini commessi a Bucha, Mariupol e Borodjanka. Durante l’assedio dell’Azovstal gli asserragliati era angosciati dall’incubo di poter finire in mano ai tagliagole di Kadyrov, il “macellaio di Groznyj” promosso da Putin al grado di colonnello-generale. Di recente persino Igor Girkin “Strelkov” (già ministro della Difesa della sedicente Dpr) e Alexander Khodakovsky, comandante del battaglione Vostok, hanno criticato aspramente l’impiego dei ceceni sul campo di battaglia, sostenendo che il 70% di loro non sarebbe in grado di sopravvivere a vere operazioni belliche. L’ultimo disgustoso compito assegnato alle truppe “V” – di cui su queste pagine abbiamo già descritto i barbarici metodi di reclutamento – è quello di rimanere nelle retrovie durante le incursioni, con l’ordine di sparare ai coscritti russi e ai civili delle regioni occupate che, inviati con la forza al fronte, dovessero rifiutarsi di combattere.   di Giorgio Provinciali

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