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Turchia terremoto

Scosse (geopolitiche) in Turchia

Il catastrofico terremoto, la pietas del mondo e una partita sugli equilibri tra il Mar Nero e il Medio Oriente
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C’è l’indicibile, fatto di migliaia di morti, distruzione, intere famiglie sepolte, miserie del restar senza niente in pochi attimi. E poi c’è la pietas umana della solidarietà, il mondo che corre (e soccorre) in Turchia e in Siria, per dare una mano come può a un popolo martoriato da un alieno, il sisma appunto, sbucato fuori dalle viscere delle terra e non dallo spazio. A proposito dell’alieno – in un momento complicato per l’Europa e per i rapporti geopolitici globali, con la guerra russa in Ucraina, le tensioni tra Stati Uniti e Cina e tanti altri conflitti sparsi in giro – viene in mente l’aneddoto raccontato anni fa dall’ex presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov a proposito del suo primo incontro con l’allora presidente americano Ronald Reagan. I rapporti tra Mosca e Washington erano ancora freddissimi, conditi d’una reciproca sfiducia e Reagan se ne uscì con una domanda al presidente comunista: «Cosa faresti se gli Stati Uniti venissero attaccati da qualcuno dallo spazio profondo? Ci aiutereste?». Gorbaciov gli rispose: «Sì, senza alcun dubbio». Reagan a sua volta chiosò: «Anche noi».

Ebbene, in Turchia e in Siria in queste ore la solidarietà è in campo. Gli israeliani che soccorrono i siriani, i greci e i ciprioti che aiutano i turchi e poi noi europei, gli americani, i russi: tutti lì per rimediare come si può e salvare vite umane e ciò che resta dai danni del sisma e della sua violenza. Eppure in questa solidarietà sincera e diffusa verso uno dei luoghi più martoriati del pianeta – basti pensare alla Siria e alle guerre e alle distruzioni che ha vissuto negli anni passati – si gioca pure una partita geopolitica dentro un’area strategica, tra il Mediterraneo dell’Est e il Medio Oriente.

Ci sono i russi, che in Siria hanno giocato un ruolo decisivo e continuano a giocarlo, così come han trovato in Turchia un interlocutore nel presidente Recep Tayyip Erdoğan che non ha mai rinunciato a parlare con Mosca e con l’Ucraina assieme. Ci sono poi gli ucraini – il presidente Zelensky ha disposto di inviare aiuti umanitari dopo la catastrofe – che sanno quanto nevralgica sia quell’area per la guerra in corso da un anno. E poi ci sono gli Stati Uniti: il presidente Joe Biden ha già annunciato sostegni immediati a un Paese che fa parte della Nato e che rappresenta un alleato indispensabile a Est dell’Europa. Pure la Cina, sempre attenta a livello diplomatico e internazionale, ha fatto sapere che darà una mano ai turchi per uscire dal disastro.

Ecco allora che in quell’area levantina, così geograficamente vicina a noi italiani ed europei, si incrociano una catastrofe come il terremoto, la pietas del mondo e una partita sugli equilibri tra il Mar Nero e il Medio Oriente, a due passi dal fronte della guerra russa in Ucraina. Cosa il sisma cambierà nel ruolo della Turchia? Qualcosa o niente? E muteranno oppure no i rapporti di forza in quell’area? Sono alcune delle tante domande geopolitiche da porsi, a costo d’apparire cinici in un momento tragico, perché – per tornare da dove avevamo cominciato e cioè a quel dualismo tra Gorbaciov e Reagan d’un secolo ormai andato – gli alieni sono di certo un nemico comune ma passano. E passato il terremoto resterà la geopolitica, coi suoi rapporti di forza e le sue deterrenze necessarie che avevano fatto dire a Reagan, rispetto all’Unione Sovietica non ancora crollata nella seconda metà degli anni Ottanta: «Non è che noi non ci fidiamo l’uno dell’altro perché siamo armati, ma siamo armati perché non ci fidiamo l’uno dell’altro».

Di Massimiliano Lenzi

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