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Sostenere Kyiv aggirando i veti

L’Ue ha approvato in via preliminare un prestito speciale di 35 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina approvando un sistema senza precedenti. Ma resta il nodo Orbán

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Sostenere Kyiv aggirando i veti

L’Ue ha approvato in via preliminare un prestito speciale di 35 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina approvando un sistema senza precedenti. Ma resta il nodo Orbán

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Sostenere Kyiv aggirando i veti

L’Ue ha approvato in via preliminare un prestito speciale di 35 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina approvando un sistema senza precedenti. Ma resta il nodo Orbán

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L’Ue ha approvato in via preliminare un prestito speciale di 35 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina approvando un sistema senza precedenti. Ma resta il nodo Orbán

Gli ambasciatori degli Stati membri presso l’Unione europea hanno dato il via libera preliminare a un prestito straordinario di 35 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina, approvando un sistema senza precedenti che prevede di usare i proventi degli asset della Banca centrale russa congelati all’estero come collaterale del finanziamento. In questo modo gli asset congelati all’inizio dell’invasione russa restano immobilizzati senza essere confiscati, mentre i profitti generati durante il periodo di congelamento vengono usati per sostenere il Paese aggredito.

Il processo di approvazione richiede anche il consenso del Parlamento europeo e sarà completato alla fine di ottobre, il denaro dovrebbe essere finanziato entro la fine dell’anno. L’accordo finalizzato mercoledì dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) in teoria fa parte di un’iniziativa del G7 per fornire a Kyiv fino a 45 miliardi di euro, ma in realtà è una soluzione alternativa per superare il veto dell’Ungheria, che martedì ha confermato la sua contrarietà a un aggiornamento fondamentale del regime delle sanzioni dell’Ue sugli asset russi congelati. La modifica bloccata prevede che gli Stati membri rinnovino all’unanimità il congelamento degli asset russi – circa 210 miliardi di euro in tutta l’Ue – ogni tre anni invece che ogni sei mesi come avviene ora, mettendo in sicurezza per un periodo molto più lungo il collaterale del prestito. Il rifiuto di Budapest potrebbe rallentare la decisione finale del G7.

La richiesta di un rinnovo prolungato è arrivata infatti dagli Stati Uniti, che prima di sborsare i 18 miliardi di euro promessi hanno chiesto agli alleati dell’Ue maggiori garanzie (la richiesta iniziale era il congelamento a tempo indeterminato). Il timore di Washington è che il meccanismo di rinnovo semestrale attualmente in vigore permetta a un singolo Paese dell’Ue di minacciare costantemente il progetto, poiché a quel punto è sufficiente bloccare il rinnovo per scongelare gli asset russi e far saltare la garanzia del prestito, costringendo i governi a intervenire con il proprio bilancio.

A preoccupare è ovviamente l’Ungheria di Viktor Orbán. Dall’inizio della guerra Budapest ha più volte usato il potere di veto in sede Ue per rallentare gli sforzi europei per sostenere la resistenza ucraina, spesso trasformandolo in un’arma di ricatto per avere contropartite finanziarie. Stavolta però il governo Orbán è stato più esplicito e ha detto che la posizione ungherese è di rimandare la decisione fino alle elezioni statunitensi di novembre, ricordando che la prossima amministrazione potrebbe avere «sensibilità diverse».

I leader europei affronteranno la questione direttamente con Orbán nel Consiglio europeo della settimana prossima, ogni progresso contribuirebbe a fare chiarezza anche nel G7. In origine l’Ue e gli Stati Uniti avrebbero dovuto contribuire al prestito per l’Ucraina in parti uguali con 18 miliardi di euro ciascuno, ma le perplessità e i rinvii della Casa Bianca hanno spinto Bruxelles ad accelerare i tempi e agire in autonomia aumentando drasticamente la propria quota fino a 35 miliardi di euro.

L’impegno dell’Ue potrebbe ridursi se gli altri membri del G7 (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Giappone) decidessero di onorare la loro promessa di finanziare il pacchetto da 45 miliardi di euro. Anche l’Australia, che non fa parte dei Sette grandi, potrebbe contribuire. Ma il tempo stringe, Kyiv ha bisogno di quei fondi il prima possibile per ripristinare le sue scorte militari erose dalle offensive russe e affrontare un altro inverno di guerra.

di Federico Bosco

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