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Spagna, vincono i moderati. Puniti gli estremisti

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La politica è fatta di coraggio e contenuti. La propaganda rumorosa, senza idee, non basta. Come dimostrano i risultati delle elezioni politiche in Spagna dove vincono i moderati
Spagna vincono i moderati

Spagna, vincono i moderati. Puniti gli estremisti

La politica è fatta di coraggio e contenuti. La propaganda rumorosa, senza idee, non basta. Come dimostrano i risultati delle elezioni politiche in Spagna dove vincono i moderati
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Spagna, vincono i moderati. Puniti gli estremisti

La politica è fatta di coraggio e contenuti. La propaganda rumorosa, senza idee, non basta. Come dimostrano i risultati delle elezioni politiche in Spagna dove vincono i moderati
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La politica è fatta di coraggio, tempismo, intuito. E contenuti. Senza idee o con la sola propaganda rumorosa si possono magari vincere le tappe, ma non il Tour – la Vuelta in questo caso – come dimostrato dei risultati delle elezioni politiche in SpagnaIl Partito Popolare di Alberto Núñez Feijóo è arrivato primo, è il nuovo partito di maggioranza relativa, ma non ha sfondato ed è restato lontano dalla maggioranza assoluta. Anche contando la fredda alleanza con la destra-destra di Vox. Il partito di Santiago Abascal, notoriamente vicino alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni ospite internazionale fisso dei propri raduni, ha fatto flop, perso 20 deputati rispetto a quattro anni fa e minato il fragile accordo con i popolari che avrebbe dovuto garantire un solido governo al Paese. Le posizioni oltranziste e negazioniste di Vox – si veda il clima, ma in generale una visione manichea della realtà “con noi o contro di noi” – non hanno pagato, anzi. È stato premiato l’atteggiamento moderato dei popolari, lo storico rapporto di questi ultimi con l’Europa e in particolar modo con la Cdu tedesca, in un contesto che si può riassumere in due parole: equilibrio e razionalità. Tutto quello che Vox non è riuscito a mostrare, finendo per spaventare la Spagna e limitando l’indiscutibile successo popolare. A proposito di idee, coraggio e tempismo, l’altro grande vincitore è indiscutibilmente il socialista Pedro Sanchez, il premier uscente dato come cadavere eccellente sino all’altro ieri e arrivato a un’incollatura dai popolari e a una manciata di seggi in Parlamento. Descritto come finito, regolarmente travolto negli ultimi turni delle elezioni amministrative, il leader socialista ha rotto gli indugi e indetto le elezioni (in Spagna è il capo del governo che può sciogliere le camere). Ha fatto ciò che deve fare un politico, se convinto di avere uno spazio di manovra per riconquistare consenso: misurarsi, mettersi alla prova. Contestare il progetto politico degli avversari con un’idea di Paese. È quello che hanno fatto anche i popolari, finendo zavorrati solo dall’indigesta alleanza con un partito abituato a spararle troppo grosse e con gli effetti che si sono visti nelle urne. Lezione anche per la nostra di politica: se sei convinto di poter battere la concorrenza, corri per vincere, non fai di tutto per evitare di correre e quando corri non dai la sensazione di voler amministrare la sconfitta pensando a come recuperare dopo (si pensi al tragico Pd prima e dopo le elezioni). Questa mattina, nessuno sa chi governerà in Spagna, in Europa si spera in un accordo fra popolari e socialisti con un governo di minoranza dei primi e astensione dei secondi. Al momento poco probabile. I due partiti si lanceranno alla caccia di alleati, ma sarà dura e a questo punto non è escluso si voti di nuovo. Scenario che potrebbe premiare proprio popolari e socialisti, in una specie di showdown fra i più credibili (e moderati).   di Fulvio Giuliani

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