“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. Giudice respinge la causa di Trump al New York Times
“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. È con queste motivazioni che un giudice federale – Steven Merryday – ha deciso di respingere la causa per diffamazione intentata da Trump contro il New York Times. Lo rende noto l’agenzia Bloomberg

“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. Giudice respinge la causa di Trump al New York Times
“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. È con queste motivazioni che un giudice federale – Steven Merryday – ha deciso di respingere la causa per diffamazione intentata da Trump contro il New York Times. Lo rende noto l’agenzia Bloomberg
“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. Giudice respinge la causa di Trump al New York Times
“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. È con queste motivazioni che un giudice federale – Steven Merryday – ha deciso di respingere la causa per diffamazione intentata da Trump contro il New York Times. Lo rende noto l’agenzia Bloomberg
“Troppo lunga e con accuse e dettagli superflui”. È con queste motivazioni che un giudice federale – Steven Merryday – ha deciso di respingere la causa per diffamazione intentata dal presidente statunitense Donald Trump contro il New York Times. Lo rende noto l’agenzia Bloomberg.
The Donald – lo ricordiamo – quattro giorni fa aveva presentato la causa contro il celebre quotidiano Usa.
La causa di Trump contro il New York Times è “impropria e inammissibile” nella sua forma attuale
Il giudice ha definito la causa trumpiana “impropria e inammissibile” nella sua forma attuale.
L’azione legale del tycoon, spiega Merryday, ha violato “in modo inequivocabile e imperdonabile” le regole del tribunale presentando accuse e dettagli “ripetitivi e superflui”.
Il giudice federale ha ora concesso agli avvocati di The Donald 28 giorni di tempo per poter presentare una denuncia… modificata.
La causa intentata da Trump chiedeva un risarcimento danni di ben 15 miliardi di dollari.
Il presidente Usa accusa il New York Times, quattro dei suoi giornalisti e la casa editrice Penguin Random House di aver denigrato la sua reputazione. Per “interferenze elettorali e diffamazione”.
Una “battaglia” legale, quella ormai intrapresa a tutti gli effetti da Trump, contro “i nemici”, contro tutti coloro che non la pensano nel suo stesso modo.
Le cause multimiliardarie del tycoon contro i media che non scrivono e non dicono le cose come lui vorrebbe sono sempre di più: ricordiamo le azioni legali contro Abc, Cbs e il Wall Street Journal, ancor prima del New York Times.
E non dimentichiamo il “caos comici” dove la satira non gradita sembra ormai dover essere allontanata dai media (vedasi i recenti casi Stephen Colbert e Jimmy Kimmel, per citare due esempi recenti).
Negli Usa, dove la libertà d’opinione e di stampa e il free speech regna(va)no sovrane.
La battaglia legale di The Donald contro il New York Times si trova quindi ora in una fase di stallo. Aspettando la prossima mossa (e magari pure il prossimo passo falso, visto quanto accaduto) del tycoon.
E soprattutto, aspettando che la causa possa essere accettabile per il giudice e la legge statunitensi…
di Filippo Messina
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