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Annichiliti ed esaltati da Trump rischiano di perdere la testa

Abbiamo scritto anche qui che quello di Trump è un trionfo, perché ha vinto tutto. Ma non significa che possiede il futuro Usa

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Annichiliti ed esaltati da Trump rischiano di perdere la testa

Abbiamo scritto anche qui che quello di Trump è un trionfo, perché ha vinto tutto. Ma non significa che possiede il futuro Usa

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Annichiliti ed esaltati da Trump rischiano di perdere la testa

Abbiamo scritto anche qui che quello di Trump è un trionfo, perché ha vinto tutto. Ma non significa che possiede il futuro Usa

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Abbiamo scritto anche qui che quello di Trump è un trionfo, perché ha vinto tutto. Ma non significa che possiede il futuro Usa

Annichiliti ed esaltati da Trump rischiano di perdere la testa. La storia non è l’opera dei pupi. Dedurre le politiche future statunitensi dalle parole elettorali del presidente eletto, del resto, fa correre il rischio di immaginarlo in crasi “MagaMagò”, fra il nome del suo movimento e la caciarona avversaria di Merlino. Non ci furono sconquassi, cosa sarà lo vedremo, ricordando che prima della fine del prossimo gennaio non sarà alla Casa Bianca.

Il debito pubblico statunitense viaggia a quota 36mila miliardi di dollari, con un peso sul Prodotto interno lordo di circa il 123%. Sia la misura assoluta che quella percentuale sono date in crescita. Ci sono economisti (Laurence Kotlikoff, Boston University) che considerano gli Usa già in bancarotta, ma la gran parte degli osservatori informati vedono la condizione come critica, magari preoccupante, ma non drammatica. E hanno ragione a non usare tinte troppo fosche, perché la capacità di reggere un debito molto alto è anche data dalla forza di un Paese. Forza economica, ma anche forza politica e militare. La grandezza geopolitica e la grandezza economica degli Stati Uniti non sono due passeggere che si sono incontrate per caso sul treno della storia, ma due forze che si reggono a vicenda.

Abbiamo ricordato che ha ragione chi – e fra questi Trump – rimprovera agli europei di non spendere abbastanza per la difesa (noi italiani neanche il 2% del Pil) e lo abbiamo fatto perché riteniamo vitale, dal punto di vista militare e prima ancora politico, disporre di una difesa Ue, il che comporta un’Unione molto più coesa. Epperò mica siamo del tutto a digiuno di storia e sappiamo che agli Usa non dispiacque per nulla quella debolezza europea che per loro comportava sì maggiore spesa militare ma consegnava anche maggiore influenza economica e commerciale. I tempi cambiano, certamente, ma quei nessi restano.

Si possono pure fare battute da bettola – specie dopo averne bevuta la metà – sull’Ucraina, ma quale sarebbe la forza americana ove si concedesse all’imperialismo russo di espandersi impunemente con le armi? Possono ben tagliare gli aiuti all’Ucraina, ma per l’80% vanno all’industria americana. Sarebbe soltanto l’Ucraina a far la parte dei Sudeti o i russi possono allargarsi alle alleanze con l’Iran e alla presenza militare in Asia e Africa? Potrebbero gli Usa assistere inerti a questa espansione, nel mentre il prossimo giro di bevute lo dedichiamo a Taiwan e si lascia la Cina allargarsi nel Pacifico? Magari qualcuno crede che gli americani possano dire agli interessati di sbrigarsela da soli e pagarne le spese, ma se lo facessero non sarebbe il cambiamento climatico a far gocciolare il gelo da quei 36mila miliardi di dollari.

A sentire la vulgata, molto da opera dei pupi, Donald sarebbe affettuoso con Vladimir e pronto a dare una lezione a Xi. Ma va bene dove le spade sono di latta, nella realtà tre anni di guerra perdente hanno trasformato la Russia in un protettorato cinese, fino all’umiliazione del trattato alla pari con la Corea del Nord. Quel ragionamento lì aveva un senso, rovesciato, con l’Unione Sovietica in piedi e la Cina senza manco il riso e non dipendente, nella consapevolezza che scaricare su Mosca il costo enorme della gara nucleare l’avrebbe fatta schiantare. Saggia visione di Kissinger, difatti artefice dell’apertura alla Cina (e andrebbe ricordato a Pechino che siede nel Consiglio di sicurezza dell’Onu in virtù di quelle scelte). Ma qui siamo molto lontani e pensare di rimediare all’eccessiva espansione commerciale della Cina tenendosi vicino un suo vassallo che non produce manco le cartucce che spara non è una visione, ma un’allucinazione.

Sui dazi trovate all’interno una pagina a cura della Fondazione Hume. In ultimo: abbiamo scritto anche qui che quello di Trump è un trionfo, perché ha vinto tutto. Ma non significa che possiede il futuro Usa: Harris ha preso il 48% dei voti. Quindi, calma. La presidenza deve ancora iniziare e sarà bene attenderne le scelte, coglierne le opportunità e arginarne le negatività.

di Davide Giacalone

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