Trump annuncia la tregua fra Iran e Israele e canta vittoria
Fanno quasi tenerezza i tifosi nostrani di Donald Trump il “pacificatore”, l’uomo dalle risposte rapide e inflessibili

Trump annuncia la tregua fra Iran e Israele e canta vittoria
Fanno quasi tenerezza i tifosi nostrani di Donald Trump il “pacificatore”, l’uomo dalle risposte rapide e inflessibili
Trump annuncia la tregua fra Iran e Israele e canta vittoria
Fanno quasi tenerezza i tifosi nostrani di Donald Trump il “pacificatore”, l’uomo dalle risposte rapide e inflessibili
Fanno quasi tenerezza i tifosi nostrani di Donald Trump il “pacificatore”, l’uomo dalle risposte rapide e inflessibili. Si ritrovano alle prese con l’ennesima guerra in cui non si intravede strategia.
La tregua annunciata stanotte fra Israele e Iran si basa sul presupposto che il programma nucleare di Teheran sia stato ‘azzerato’, circostanza negata anche da molti esperti americani. Non conta, conta che la Casa Bianca possa cantare vittoria. Poi si vedrà.
Pochi mesi fa i tifosi salutavano l’alba dell’era della pax maga, irridendo i poveri stupidi che facevano notare la pericolosa tendenza del neopresidente degli Stati Uniti a cambiare idea in modo del tutto imprevedibile. La fine della guerra in Ucraina era solo questione di ore, ma oltre cinque mesi dopo ci ritroviamo con un Vladimir Putin baldanzoso più che mai e un Volodymyr Zelensky a cui è rimasto l’appoggio degli europei e basta.
Sì proprio loro, i deboli e irrilevanti – il problema esiste, per carità – che continuano in modo ostinato a mantener fede alla parola data e agli impegni presi. Roba antica, roba superata, nell’era del Trump bis.
Quella in cui è lo stesso capo della Casa Bianca a smentire a stretto giro i membri del suo governo che si affannavano ad abbassare la temperatura e a circoscrivere l’intervento militare a un’incursione aerea. Mirata e definita, per quanto devastante. Ci pensa lui e accenna – manco a dirlo via social e dando la chiara sensazione di non aver consultato nessuno, tranne il cappellino maga – a un cambio di regime a Teheran. Passano le canoniche 24 ore e siamo un nuovo e diverso giro di giostra: tregua, paroloni e gli ayatollah restano lì.
Bisogna essere molto chiari: chi ci legge e segue sa quello che pensiamo della teocrazia al potere a Teheran dal 1979, una iattura per il popolo iraniano e per il mondo. Non ci stancheremo mai di spendere parole sentite e convinte in favore di un popolo vessato e costretto a pratiche medioevali nella peggiore accezione del termine. Ci inchiniamo davanti alla lotta per la libertà delle giovani e dei giovani persiani, che vorrebbero solo vivere come i nostri figli. Siamo convinti che una simile masnada di fanatici al potere non debba neppure avvicinarsi all’arma atomica per motivi intuibili.
Ribadito tutto ciò, il punto è avere una strategia. È curioso come nei confronti di leader imprevedibili e mossi molto di più dal proprio ego che dalla razionalità i cantori intonino sempre lo stesso mantra: sono uomini troppo “avanti”, per essere compresi da chi era abituato a politici grigi e schiavi dei poteri forti come Barack Obama, Angela Merkel o Joe Biden.
Donne e uomini che hanno commesso errori più o meno gravi, come chiunque porti il fardello della responsabilità e del comando. Eppure, per provare a comprendere il vortice in cui siamo finiti, basterebbe un semplice esercizio, che chiediamo in prestito alle poche parole usate con efficacia da Obama: “Pensate se qualcosa del genere l’avessi fatto io…”.
di Fulvio Giuliani
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