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Trump, ghigno presidenziale e crepa istituzionale

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Quel video squaderna senza ombre, con nitidezza e spietatezza, ciò che il capo Trump pensa di quelli che considera i suoi nemici e la fine che devono fare

Trump, ghigno presidenziale e crepa istituzionale

Quel video squaderna senza ombre, con nitidezza e spietatezza, ciò che il capo Trump pensa di quelli che considera i suoi nemici e la fine che devono fare

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Trump, ghigno presidenziale e crepa istituzionale

Quel video squaderna senza ombre, con nitidezza e spietatezza, ciò che il capo Trump pensa di quelli che considera i suoi nemici e la fine che devono fare

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AUTORE: Carlo Fusi

Il filosofo e sociologo canadese Marshall McLuhan divenne famoso a metà circa del secolo scorso per le sue ricerche sulla comunicazione condensate nella massima “Il mezzo è il messaggio”. Più che il contenuto, spiegava McLuhan, a contare è la modalità con la quale il messaggio viene trasmesso, il suo veicolo traspositivo che impatta su chi lo riceve. L’esempio classico è la luce, informazione allo stato puro: l’accensione di una lampadina consente di vedere gli oggetti permettendo di orizzontarsi. McLuhan tuttavia spiegava che il mezzo non è neutro: anche la luce della lampadina non illumina la realtà tutta allo stesso modo. Per valutarne appieno gli effetti, è fondamentale la maniera in cui il contenuto viene trasmesso e il mezzo usato.

L’Intelligenza artificiale sembra essere la reificazione della lampadina di McLuhan: penetra dappertutto apparentemente in modalità neutra ma in realtà incidendo in modo netto sulla percezione e sul significato del contenuto stesso. Il video messo in Rete da Donald Trump con l’arresto alla Casa Bianca di Obama ne è l’esempio più clamoroso. Quel che colpisce non è soltanto la malvagità con la quale il presidente americano si rapporta ai suoi avversari che non devono più, secondo le regole classiche della liberaldemocrazia, essere contrastati e battuti con argomentazioni bensì umiliati, vilipesi, incarcerati: in sostanza annichiliti. 

Già così l’atteggiamento trumpiano – che non è soltanto il messaggio ma assai di più la brutalità con la quale viene veicolato attraverso l’uso manipolatorio dell’AI – mette i brividi. Ma ciò che colpisce in particolare è che ovviamente si tratta di un falso, ma espresso con una forza tale da farlo sembrare distopicamente verosimile. Come se esistesse una realtà parallela alla quale Trump dà sostanza: la medesima che colgono i suoi sostenitori e soprattutto quelli che lo avversano.

Quel video squaderna senza ombre, con nitidezza e spietatezza, ciò che il capo della Casa Bianca pensa di quelli che considera i suoi nemici e la fine che devono fare. Il sorriso che gli allarga la faccia e che rimane identico a sé stesso per tutta la durata dell’arresto è l’espressione piena della sua soddisfazione nel veder realizzato ciò che alberga nella sua mente.

È un falso, ma possiede la stessa veemenza conturbante della verità. Anzi: la pervasività dei social e l’uso spregiudicato (apparentemente senza limiti e tantomeno regole) dell’intelligenza artificiale ne moltiplica all’infinito la forza e la capacità di imprimersi nelle menti di chi lo vede. È una nuova frontiera della comunicazione politica che salta ogni mediazione linguistica, argomentativa o razionale per affidarsi esclusivamente all’emotività. Non è solo, come ha osservato Michele Serra, un atteggiamento canagliesco. È l’estrinsecazione di uno stato d’animo che si fa messaggio non più subliminale bensì violentemente esplicito: deve terrorizzare e non soltanto impressionare.

Cosa davvero significhi il video di Trump lo si capisce meglio paragonandolo a ciò che accadde con un altro presidente repubblicano: Ronald Reagan. Nel 1984 Reagan, mentre faceva le prove di un messaggio radio, esclamò ai microfoni: «Attenzione, stiamo per bombardare l’Urss». Era una battuta ma diventò un caso proprio perché il mezzo radiofonico ne aveva esaltato la veridicità. Da quell’episodio al video di Trump passa un abisso: non c’è alcun intento ironico in ciò che il presidente americano vuole trasmettere e al posto della radio (cioè delle parole) ci sono immagini. False ma rese credibili da una tecnologia che è capace di manipolare – alterandola – la realtà, rendendola più concreta della verità effettuale di machiavellica memoria.

La drammaticità del video trumpiano è negli effetti che determina e nelle conseguenze che esibisce. È il concetto stesso di democrazia che evapora. Quel riso sul volto del presidente, immobile e maligno, ne è l’emblema.

di Carlo Fusi

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