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Trump, la speranza e noi

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La centralità del Presidente degli Usa Donald Trump, in queste giornate di speranza per il Medio Oriente, è assoluta

Trump

Trump, la speranza e noi

La centralità del Presidente degli Usa Donald Trump, in queste giornate di speranza per il Medio Oriente, è assoluta

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Trump, la speranza e noi

La centralità del Presidente degli Usa Donald Trump, in queste giornate di speranza per il Medio Oriente, è assoluta

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La centralità del Presidente degli Usa Donald Trump, in queste giornate di speranza per il Medio Oriente, è assoluta. Nonostante i tentativi invero tragicomici di tanti in Italia di derubricare l’intesa firmata ieri a Sharm el-Sheikh, pur di non essere costretti a riconoscere i meriti del capo della Casa Bianca.

Un atteggiamento che abbiamo già avuto modo di stigmatizzare e che ha un riflesso diretto nella difficoltà quasi fisica di tanti di coloro che hanno animato le piazze italiane nelle scorse settimane di gioire fino in fondo, quantomeno per la fine della mattanza quotidiana della Striscia di Gaza.

Si resta basiti per l’incapacità di un’ampia parte della pubblica opinione italiana di fare i conti con la realtà e con il realismo

Scritto da chi non ha mai mancato di sottolineare le follie dialettiche e le dichiarazioni allucinate del Presidente degli Usa sul destino di Gaza e dei Gazawi, si resta basiti per l’incapacità di un’ampia parte della pubblica opinione del nostro Paese di fare i conti con la realtà. E il realismo.

Così come chi ha legittimamente sempre “fatto il tifo” per Trump e il “rapporto speciale” della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con The Donald oggi transita con stupefacente leggerezza dalla soddisfazione al trionfalismo, dalla sottolineatura all’enfasi lirica.

Il fragile e importante primo accordo limitato a 20 punti. Il piano Trump

Tutti, nessuno escluso, dovrebbero ricordare che siamo di fronte a un fragilissimo, primo accordo limitato a non più di 20 punti, quasi tutti ancora da sviluppare.

Noi non ci siamo dimenticati che il cessate il fuoco a Gaza c’è già stato, si è già festeggiato in strada, si è celebrato il Ramadan sotto le lucine colorate in mezzo alle macerie (andatevi a rivedere le fotografie di alcuni mesi or sono), pensare che ora tutto dovrà andare per forza bene perché lo dice Trump ci riporta alla dimensione del tifo di cui sopra.

È del tutto scontato e aggiungeremmo doveroso che il governo italiano cerchi un ruolo di carattere politico ma anche economico nel gigantesco lavoro di ricostruzione e di ritorno alla vita che attende Gaza. State pur certi che Francia, Gran Bretagna, Germania e Paesi arabi si sono già mossi e senza farsi il minimo scrupolo – non basterà la pur importante presenza a Sharm el-Sheikh.

di Fulvio Giuliani

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