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Trump-Zelensky, alla Casa Bianca l’inaudito

Raramente s’è assistito a qualche cosa di più increscioso del negoziato tra Trump e Zelensky sulle terre rare ucraine

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Trump-Zelensky, alla Casa Bianca l’inaudito

Raramente s’è assistito a qualche cosa di più increscioso del negoziato tra Trump e Zelensky sulle terre rare ucraine

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Trump-Zelensky, alla Casa Bianca l’inaudito

Raramente s’è assistito a qualche cosa di più increscioso del negoziato tra Trump e Zelensky sulle terre rare ucraine

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Raramente s’è assistito a qualche cosa di più increscioso del negoziato tra Trump e Zelensky sulle terre rare ucraine

Alla Casa Bianca è successo l’inaudito. Raramente s’è assistito a qualche cosa di più increscioso del negoziato sulle terre rare ucraine. E raramente s’è visto un presidente degli Stati Uniti che da una parte afferma che manderanno altre armi agli ucraini, poi dice di essere in mezzo a Putin e Zelensky senza parteggiare, infine dà sulla voce al leader di un Paese che subisce la guerra e il suo vice, Vance, lo ammonisce a essere «rispettoso» e a non parlare troppo davanti ai giornalisti. Dopo avere subìto un costante vincolo – anche nostro, europeo – all’uso delle armi che gli venivano consegnate ora, secondo Trump, gli ucraini dovrebbero solo essere grati e consegnare la loro ricchezza. È toccato a Zelensky ricordare che Putin è un killer e, fino agli insulti, era toccato a chi da tre anni subisce una guerra dimostrare nervi più saldi di chi vanta un buon rapporto con l’aggressore.

Tutto inaudito non perché non si possa trattare su beni materiali, fingendo ipocritamente che siano lecite soltanto le discussioni sugli ideali, ma perché l’intera faccenda è stata logicamente ribaltata, portando la Casa Bianca a chiedere risarcimenti a chi dovrebbe essere risarcito. Delle cose materiali si discute eccome. È ben per quelle che la Russia ha mosso una guerra che l’ha impantanata in una storica umiliazione, prima che Trump si muovesse a soccorrere Putin.

Il male, profondo e riprovevole, è pensare che le risorse naturali ucraine, minerarie e agricole (ricordando che la Russia ha distrutto tonnellate di grano già pronto per l’esportazione, al solo scopo di affamare i Paesi cui era destinato), servano a rimborsare chi ha aiutato l’Ucraina, anziché a ricostruirla. Il fatto che nella ricostruzione possa esserci un ruolo lucroso per chi l’ha aiutata nel perdurare dell’aggressione non cambia in niente l’impostazione. Perché, ripetiamolo, è l’Ucraina a dovere essere risarcita.

In quanto a noi, democrazie occidentali che abbiamo trasferito all’Ucraina armi, soldi e altri beni, sapevamo benissimo, fin dall’inizio, di agire nel rispetto del diritto, nel loro e nel nostro interesse. Nessuno poteva essere così cieco da non vedere che la criminale aggressione russa era diretta contro di noi e riportava la guerra nel Continente europeo. Noi abbiamo messo denari e merci, ma gli ucraini hanno messo il loro sangue, quello di civili e bambini. Supporre che ora debbano risarcirci è di una smisurata miseria morale.

Qualcuno è andato alla Casa Bianca per metterlo in chiaro, come ha fatto il presidente francese Macron. Soltanto soggetti minuscoli possono tirare in ballo altri dossier, nei quali può ben capitare che gli interessi francesi siano diversi dai nostri, italiani o di altri europei, perché in questa vicenda il nostro interesse è unico e comune. Semmai è mancata la risposta corale da parte di tutti quelli che hanno appoggiato l’Ucraina, Italia in testa. Non basta ricordare chi è l’aggressore e chi l’aggredito: si deve aggiungere che quell’impostazione di Trump non è solo sboccata, bensì inammissibile. Trump ha ieri sostenuto di non potere credere di avere definito Zelensky un dittatore. Almeno in questo siamo con lui. Peccato lo abbia fatto.

Invece si è lasciato il presidente ucraino a dovere gestire la questione delle materie prime e delle terre rare, come se fosse una questione bilaterale. Ricordando, oltre tutto, che l’uso di quelle risorse naturali, anche a beneficio degli alleati e sostenitori, era già previsto nel piano di pace che Zelensky aveva presentato e Putin neanche preso in considerazione.

Poi c’è la questione dell’integrità territoriale, che fin dall’inizio la Cina sottolineò essere rilevante e sulla quale noi europei e gli Usa stabilimmo che non si sarebbe mai potuta intaccare se non con il consenso degli ucraini. Questione decisiva, perché se passa il principio che si possa sfondarla con le armi ci si chiama la guerra in casa Ue e non solo ai nostri confini.

L’inaudita sceneggiata non pone un problema soltanto agli ucraini, ma a tutti noi.

di Davide Giacalone

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