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Ucraina: la diga di Kakhovka distrutta

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Rompere una diga non è un atto nuovo nella storia della guerra, anzi. Ma rompere la diga di Kakhovka è un atto criminale secondo solo al colpire una centrale nucleare
Ucraina: la diga di Kakhovka distrutta

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Rompere una diga non è un atto nuovo nella storia della guerra, anzi. Ma rompere la diga di Kakhovka è un atto criminale secondo solo al colpire una centrale nucleare
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Ucraina: la diga di Kakhovka distrutta

Rompere una diga non è un atto nuovo nella storia della guerra, anzi. Ma rompere la diga di Kakhovka è un atto criminale secondo solo al colpire una centrale nucleare
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Rompere una diga non è un atto nuovo nella storia della guerra, anzi. Ma rompere la diga di Kakhovka è un atto criminale secondo solo al colpire una centrale nucleare. È certo che una decisione di tale portata abbia l’assenso, se non peggio, dell’autocrate del Cremlino. Ed è altrettanto certo che sia stata studiata, proposta e operata dai vertici militari russi: la sua convenienza è nel rendere una vasta sezione della linea di contatto impraticabile per l’offensiva ucraina. Questo permetterà di trasferire altrove preziose risorse, rafforzando aree sensibili e riducendo la linea del fronte, mentre la Crimea sarà difesa dalla natura. Chi si lamentò per il tentativo ucraino di far saltare il ponte di Kerch ha oggi la drammatica risposta. Due considerazioni: i russi dimostrano ciò che sono e sarebbe opportuno non tanto fermare le colorite comparsate del professor Orsini quanto rispondere ai nostalgici del rosso antico, che ancora straparlano dell’Italia a sovranità limitata sotto il tacco della Nato: dateci il tacco e pure la suola, come hanno capito nel Nord Europa. La seconda: il generale Gerasimov entra a far parte della nutrita schiera di altissimi ufficiali che nella storia si macchiarono di crimini, capitanati da quel Wihlelm Keitel che portò la Wehrmacht lontana dalla sua prussiana autonomia dalla politica e la sottopose al Fuhrer. Gerasimov, un tempo stimato ufficiale, si è trasformato in un criminale di guerra. Tutto lavoro per la Corte internazionale.   di Flavio Pasotti

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