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Una lezione ‘repubblicana’ per Trump

Gli aiuti sbloccati dagli Usa verso Kiev, al voto oggi in Senato, si sono rivelati un boomerang politico per gli stessi repubblicani e il loro leader Donald Trump

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Una lezione ‘repubblicana’ per Trump

Gli aiuti sbloccati dagli Usa verso Kiev, al voto oggi in Senato, si sono rivelati un boomerang politico per gli stessi repubblicani e il loro leader Donald Trump

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Una lezione ‘repubblicana’ per Trump

Gli aiuti sbloccati dagli Usa verso Kiev, al voto oggi in Senato, si sono rivelati un boomerang politico per gli stessi repubblicani e il loro leader Donald Trump

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Gli aiuti sbloccati dagli Usa verso Kiev, al voto oggi in Senato, si sono rivelati un boomerang politico per gli stessi repubblicani e il loro leader Donald Trump

Gli aiuti americani all’Ucraina sono stati sbloccati grazie al lavoro ‘di sponda’ con i democratici dello speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson. Lo stallo, voluto dai repubblicani intenzionati a legare i fondi a Kiev a provvedimenti di ulteriori restrizioni dell’immigrazione proveniente dal Messico, si è alla fine rivelato un boomerang politico per gli stessi repubblicani e una lezione per il loro leader Donald Trump.

Vedremo se dopo la sua scelta in autonomia lo speaker Johnson resterà ancora al suo posto o verrà impallinato dal suo stesso partito (come già successo in passato ad altri speaker repubblicani). Di sicuro una sfiducia del Gop a Johnson acuirebbe una spaccatura a pochi mesi dal voto per le presidenziali Usa, spaccatura che più che essere un vantaggio sarebbe un vero fastidio per la campagna di Trump.

Nell’attesa merita però una riflessione la lezione politica di cui The Donald dovrà tenere conto. Al di là delle dichiarazioni e della retorica (Johnson per spiegare la sua decisione ha detto di aver scelto di essere «dal lato giusto della Storia»), la morale razionale che si trae da quanto accaduto negli Usa è, politicamente, soprattutto una: usare l’estremismo su alcuni temi di attualità come metodo e scelta di politica nazionale alla fine porta soltanto a uno sbocco. Ovvero, si ritorce contro gli interessi nazionali. Sbagliare in politica – come nella vita – capita, ci mancherebbe. In questo caso però lo sbaglio si è tradotto, prima della mossa di Johnson, in una perseveranza dell’errore che ha portato a una crisi degli stessi repubblicani.

Proprio per questo sarà interessante seguire con attenzione come evolverà la politica di Donald Trump nelle prossime settimane. Continuerà a giocare con il radicalismo su certi temi (come l’immigrazione o altro) oppure cambierà alcuni suoi registri ormai consumati? Guardando al passato verrebbe facile pensare che Trump non cambierà la propria linea anche se, negli Usa, l’imprevedibile è un ingrediente costante della politica.

A queste considerazioni va poi aggiunta la situazione internazionale, dalla guerra in Ucraina invasa dai russi al caos in Medio Oriente. Ormai da diverso tempo questi conflitti e le tensioni globali hanno infatti trasformato la politica estera nella questione politica identitaria più dirimente. Non a caso ieri, archiviata la notizia del rifinanziamento Usa dell’Ucraina grazie alla mossa di Johnson, un altro tema è subito spuntato a tener banco nel confronto politico occidentale: dopo aver evidenziato che «la Russia sta militarizzando sempre più» la regione di Kaliningrad (e aver anche trasferito sue armi nucleari in Bielorussia), il presidente polacco Andrzej Duda ha dichiarato: «Se i nostri alleati decidono di schierare armi nucleari come parte della condivisione di tali strumenti anche sul nostro territorio, per rafforzare la sicurezza del fianco orientale della Nato, siamo pronti».

di Massimiliano Lenzi

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