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Vino e dazi, una pessima annata

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Per le famiglie americane il vino rappresenta il 33% della passione per il Made in Italy sulla tavola. In termini di soldi veri, per le esportazioni verso gli Stati Uniti il settore vino vale oltre 2 miliardi e impiega circa 450mila lavoratori

Vino e dazi, una pessima annata

Per le famiglie americane il vino rappresenta il 33% della passione per il Made in Italy sulla tavola. In termini di soldi veri, per le esportazioni verso gli Stati Uniti il settore vino vale oltre 2 miliardi e impiega circa 450mila lavoratori

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Vino e dazi, una pessima annata

Per le famiglie americane il vino rappresenta il 33% della passione per il Made in Italy sulla tavola. In termini di soldi veri, per le esportazioni verso gli Stati Uniti il settore vino vale oltre 2 miliardi e impiega circa 450mila lavoratori

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Sulla Cnn appare il marchese Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv). Splittato nell’immagine sullo schermo accanto a bottiglie italiane. Sotto scorre il fascione rosso della stangata trumpiana sul vino del Belpaese. È il segno che molto – negli Stati Uniti – è cambiato. Quanto durerà la daziata di The Donald nessuno lo può prevedere. Ma quel che è certo è che adesso, più che al futuro, tocca guardare al presente. Fare i conti su quanto ci costeranno i dazi e decidere le misure da prendere per evitare il peggio.

L’annuncio di Trump all’inizio d’aprile, a pochi giorni dal Vinitaly che si terrà a Verona fino a mercoledì prossimo, aggiunge al danno la beffa. I numeri del resto parlano chiaro. Per le famiglie americane il vino rappresenta il 33% della passione per il Made in Italy sulla tavola. Preceduto dalla pasta, dall’olio d’oliva, dai formaggi e dalle salse. In termini di soldi veri, per le esportazioni verso gli Stati Uniti il settore vino vale oltre 2 miliardi e impiega circa 450mila lavoratori.

La situazione è critica e il marchese Frescobaldi l’ha detto chiaro, avanzando anche una proposta per attenuare i danni dei dazi sul settore enologico. «Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno. Pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni» ha osservato. «Perciò l’Unione Italiana Vini è convinta della necessità di fare un patto fra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati. Serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori».

Nei suoi interventi di questi giorni sulla questione dei dazi, Frescobaldi ha provato anche a mandare qualche segnale alla politica italiana ed europea in merito alle contromisure da adottare. Per arginare la politica trumpiana. «Sarà difficile per molti. Ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l’amministrazione americana e quella europea. L’accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Antonio Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale». Vedremo come si muoverà Bruxelles per rispondere a Washington (mentre sulle Borse, in questi giorni, si è scatenato l’inferno) sul tema. Non soltanto del vino ma di tutte le merci e i prodotti colpiti dai dazi.

Lasciando la politica e guardando invece ai rapporti fra alleati commerciali privati sulle due sponde dell’Atlantico, non vi è dubbio che la proposta dell’Uiv sia una strada percorribile. Pesa su questa però una domanda semplice: gli alleati commerciali degli europei in America daranno una mano oppure no? In quest’attesa, per nulla allegra, per non sembrare troppo pessimisti consoliamoci almeno con una certezza. Non potranno essere i vini della californiana Napa Valley a sostituire sulle tavole americane la qualità del vino italiano. Donald Trump, fra un dazio e l’altro, ci beva su. Vino italiano.

Di Massimiliano Lenzi

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