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vita in ucraina

Vita in Ucraina: condizionamento totalitario

La vita in Ucraina, nel cuore delle zona occupate dai russi, sembra tratta da un capitolo di Orwell o Aldous Huxley.
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Vita in Ucraina: condizionamento totalitario

La vita in Ucraina, nel cuore delle zona occupate dai russi, sembra tratta da un capitolo di Orwell o Aldous Huxley.
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Vita in Ucraina: condizionamento totalitario

La vita in Ucraina, nel cuore delle zona occupate dai russi, sembra tratta da un capitolo di Orwell o Aldous Huxley.
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La vita in Ucraina, nel cuore delle zona occupate dai russi, sembra tratta da un capitolo di Orwell o Aldous Huxley.

Il cuore delle tenebre può essere descritto soltanto da dentro. Entrare e uscire da Kherson e Mariupol è praticamente impossibile. Oltre all’esposizione diretta al tiro dei cecchini, la polvere radioattiva sollevata dagli occupanti e spostata dal vento attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhya rende ancor più inaccessibili alcuni passaggi. Un simile, folle espediente costò la vita ai militari russi costretti a scavare terrapieni attorno alla centrale dismessa di Chernobyl.

Chi però ha parenti all’interno delle zone occupate riesce con qualche stratagemma a comunicare con loro, carpendo importanti informazioni. Come nella Grande Guerra il dialetto sardo veniva usato dai portaordini sul Carso in quanto incomprensibile, e nella Seconda Guerra Mondiale avvenne con la lingua navajo per le trasmissioni in codice degli Usa, i dialetti locali misti tra ucraino, rumeno e moldavo si prestano bene per intendersi tra chi sa masticarli. Insieme a qualche accorgimento tecnico, si può comunicare.

Le connessioni ad internet sono state dirottate verso snodi russi sottoposti a restrizioni, che impediscono l’inoltro di richieste verso siti ritenuti non-idonei dalla macchina della censura del Cremlino. Così sono stati esclusi i social network occidentali e tutti i siti d’informazione scomodi. Il gestore di un provider ha raccontato che una mattina i militari russi sono entrati e, puntata una pistola alla testa, gli hanno detto: o fai come ti diciamo, o muori. I conti correnti sono stati convertiti al sistema russo sottoposto a sanzioni, dunque è difficile fornire aiuto a meno di ricorrere alle criptovalute. Telefoni, radio e tv sono passati subito sotto rete russa.

Tutte le testimonianze raccolte descrivono un sistema strutturato per condizionare il pensiero della gente in maniera scientifica, pavloviana: sembra il Brave New World descritto da Aldous Huxley. Reti elettrica e idrica disconnesse: i telefoni si possono caricare solo collegandosi a camion che da enormi pannelli posti ai due lati passano anche di notte cinegiornali russi e programmi di storia sovietica distorta. Schermi e megafoni di orwelliana memoria sono anche accanto alle docce comuni allestite per strada. Vicino, i forni crematori mobili. Le poche scuole riaperte insegnano russo su libri che escludono totalmente letteratura e storia ucraine: in uno ho letto che s’imputa all’Ucraina il crollo dell’Urss. Taras Schevchenko non è mai nato.

Il primo semaforo a Mariupol ha funzionato ieri: un evento, perché la gente vive, dorme e cucina ancora per strada. Lava i panni nelle pozzanghere, non lontane dalle croci sotto cui si trovano alcuni cari. Civili ridotti a randagi. Durante le perquisizioni quotidiane a caccia di presunti partigiani, casa per casa si raccolgono nominativi e documenti d’identità col chiaro scopo di usarli in referendum-farsa mirati ad annettere intere Oblast’ nel metodo definito «legittimo, democratico e liberale» da Berlusconi e Salvini secondo cui la Crimea sarebbe russa. I bambini non rapiti sono mandati bendati per i campi minati. Ma alcune telecamere hanno continuato a riprendere… Così a Bucha e Borodyanka. Quando saranno diffuse, le immagini costituiranno prova inconfutabile di un genocidio.

di Giorgio Provinciali  

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