Seguire le montagne russe delle elezioni in Libia non è cosa facile. Accade di tutto. E può capitare che una notizia ne smentisca un’altra. Ieri, da Tripoli e dintorni, è arrivata una novità non da poco. Ve la riportiamo letterale, come da agenzia: «Saif al Islam Gheddafi, figlio del defunto rais libico Muʿammar, è stato riammesso alla corsa per le elezioni presidenziali del 24 dicembre dopo che la Corte di Sebha ha accolto il suo ricorso annullandone l’esclusione decisa dall’alta commissione elettorale lo scorso 24 novembre».
La notizia è stata riportata su Twitter dal giornale “The Libya Observer”. Tenendo presente che avere news attendibili dalla Libia resta al momento assai complicato, l’annuncio della riammissione del figlio di Gheddafi nella corsa alle presidenziali assume comunque una valenza simbolica e realistica. Simbolica, nel senso che si consentirà di giocarsi una sfida elettorale a chi in passato – la famiglia Gheddafi –. ha rappresentato per decenni la Libia. Realistica, perché l’ammissione di un Gheddafi costituisce una sorta di pacificazione col recente passato del Paese.
Un processo tutto ancora da costruire, nel caos libico, ma a cui una decisione come questa può imprimere una significativa accelerazione. Lo abbiamo già scritto sul nostro giornale: pacificare e votare non sono due verbi intercambiabili e cercare di inverare il primo – in un Paese da troppo tempo diviso – rappresenta un passo decisivo affinché le elezioni abbiano successo. Non restaurare, bensì pacificare per ricominciare.
Di Aldo Smilzo
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