Quando a inizio settimana Donald Trump ha annunciato il dispiegamento a Washington DC degli ottocento uomini della Guardia nazionale, sostenendo di voler salvare «la capitale degli Stati Uniti dal crimine e dallo squallore», le proteste sono state quasi immediate. Per chiunque al di fuori del mondo Maga, il provvedimento non è altro che propaganda. La cosa, però, va ben oltre la retorica. Abbiamo già visto durante le rivolte di Los Angeles dello scorso giugno la volontà trumpiana di sottomettere al proprio controllo l’utilizzo delle forze dell’ordine, ricorrendo anche all’esercito (uno schiaffo allo Stato di diritto). Se possibile, il caso di Washington è ancora più grave.

Stando ai dati ufficiali, nel 2024 e nei primi mesi del 2025 il crimine nella capitale statunitense ha toccato il minimo storico da trent’anni a questa parte. Un dato eloquente sulla città che Trump ha definito «peggio di Baghdad e Bogotà». La creazione ad arte di una situazione di pericolo non è una novità per il mondo trumpiano – ricordiamo durante la campagna elettorale la bufala sugli haitiani che mangiavano cani e gatti domestici – ma adesso è stato superato un limite: il ricorso alla Guardia nazionale o all’esercito per imporre il proprio controllo su zone a guida democratica (il presidente ha già annunciato che Washington non sarà un’eccezione) crea un precedente estremamente pericoloso che presagisce un disegno più ampio ed eversivo. Un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato.