A Xi non conviene irrigidirsi
A Xi non conviene irrigidirsi
A Xi non conviene irrigidirsi
«La Cina esprime un fermo disappunto e una forte protesta». La doccia fredda è arrivata qualche ora dopo il rientro dalla visita in Cina del segretario di Stato Blinken. Eppure c’erano state molte rassicurazioni che gli Usa potessero aver ripreso la strada del dialogo, con l’impegno assunto quanto meno a incontrarsi nuovamente, anche in vista del prossimo G20 di novembre. Se non che sono giunte le affermazioni di Biden, giudicate da Pechino «completamente assurde, estremamente irresponsabili; contraddicono i fatti e violano gravemente l’etichetta diplomatica».
Non sarà facile spiegare a Pechino che l’accusa rivolta da Biden a Xi di essere un dittatore era stata pronunciata nel corso di un evento della campagna del Partito democratico per le prossime elezioni. Il presidente Usa è tornato a solleticare i sentimenti patriottici dell’elettorato, dopo le accuse di arrendevolezza nei confronti di Pechino rivolte dai repubblicani alla Casa Bianca. L’ultima polemica era sorta con le rivelazioni sull’ipotesi di un centro militare di addestramento cyber installato dai cinesi sulle soglie di casa, a Cuba. Biden ha pensato bene di rilanciare la posta, ricordando ai suoi elettori di avere messo alle strette Xi sulla storia del pallone-spia carico di equipaggiamenti, sul quale il leader del Dragone non avrebbe saputo dare spiegazioni: «Questa è una di quelle cose che causano grande imbarazzo nei dittatori: non sapere quello che è successo» ha commentato Biden. Ha poi alzato il tiro ricordando che la sua politica estera sta dando fastidio a Xi, in particolare a causa del Quadrilateral Security Dialogue (Quad), l’alleanza dell’Indo-Pacifico fra Usa, India, Australia e Giappone che mira a preservare la sicurezza e la libertà delle linee aeree e marittime nel Mar Cinese Meridionale.
La risposta piccata dei diplomatici di Pechino ci sta tutta, ma – al netto di ogni sforzo necessario per ristabilire le condizioni del dialogo – forse è anche bene ricordare senza ipocrisie come stiano le cose. Dopo l’ingerenza economica perseguita con la Belt and Road Initiative (costata la “trappola del debito” per i Paesi africani), Pechino punta ora sulla Global Security Initiative. La Cina promuove un sistema di cooperazione alternativo all’Occidente con le intese economiche e militari sviluppate nell’ambito del Brics (cui aderiscono Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Punta anche sulla Shanghai Cooperation Organization, dove ai membri originari (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) si sono aggiunti come partner‘dialoganti’ India, Pakistan, Mongolia, Iran, Afghanistan, Bielorussia, Sri Lanka, Arabia Saudita e Turchia. In sostanza sta costruendo tutto un sistema di alleanze anti-occidentali a fianco della Russia (ormai economicamente soggiogata da Pechino) per meglio proiettare le sue spinte egemoniche. A cominciare da Taiwan e dal Mar Cinese Meridionale, già disseminato di basi aereonavali su isole artificiali.
Alla fine Xi Jinping farebbe bene, nel suo interesse, a non irrigidirsi sulle dichiarazioni di Biden: il militarismo e il nazionalismo crescenti allontanano gli investitori dalla Cina e la espongono all’isolamento internazionale. Putin docet.
di Maurizio Delli SantiMembro dell’International Law Association
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