Zelensky a Davos e il controllo ucraino
Zelensky a Davos mentre l’Ucraina si sta riappropriando del controllo dello spazio aereo-marittimo entro le sue coste
| Esteri
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Kyiv – Il capo di Stato maggiore ucraino generale Zaluzhnyj ha ufficialmente confermato l’abbattimento di due velivoli russi dall’alto valore strategico oltre che economico. Si tratta d’un modello A-50, cioè la risposta sovietica all’americano Awacs (sistema d’allarme e controllo aereo attivo dal 1972) nel campo del rilevamento radar a lungo raggio per l’aviazione (Ldlo) e d’un Il-22, che è un velivolo dedicato alla ricognizione aerea. In base alla quota di volo, il primo è in grado di rilevare cacciabombardieri nemici a una distanza massima compresa tra 200 e 600 km, oltre a poter scortare un gran numero d’aeromobili fornendo loro complessi sistemi di difesa fra cui il disturbo a infrarossi e contromisure radio attive e passive. Il secondo è un più moderno aereo da guerra elettronica (Ew) votato al rilevamento d’altri sistemi Awacs o dotati di radar a terra (fra cui ad esempio i Patriot), che equipaggia anche sofisticati dispositivi di soppressione del segnale radio. Entrambi vengono impiegati da Mosca durante i raid contro l’Ucraina e serviranno ancor di più quando quest’ultima disporrà degli agognati F-16.
L’A-50 è precipitato nelle poco profonde acque del Mar d’Azov (motivo per cui recuperarne la carcassa non sarà difficile), mentre il secondo è scomparso dai radar nella zona di Kerch dopo l’inizio della discesa verso l’aeroporto più vicino, ad Anapa. I media russi hanno ammesso tardivamente la grave perdita patita dall’aviazione interna (uno smacco complessivo da quasi 400 milioni di dollari), salvo imputare entrambi gli abbattimenti a «un eccesso di prontezza dei sistemi di difesa aerea russi».
Per quanto Mosca provi a convincere la propria opinione pubblica del contrario, pur non disponendo d’una flotta navale e nemmeno degli F-16 l’Ucraina si sta riappropriando del controllo dello spazio aereo-marittimo entro le sue coste. Nessuno prima d’ora era mai riuscito ad abbattere velivoli per il rilevamento radar di tale portata.
Secondo il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov, Mosca disporrebbe complessivamente ancora di 8 A-50. Per quanto tale stima possa apparire alta in senso assoluto, le perdite patite dall’aviazione russa costituiscono un vulnus non da poco, tenuto conto dell’estensione territoriale della Federazione Russa e dei fronti su cui è impegnata senza poter abbassare la guardia.
Rapportata alle forze impiegate sul terreno di battaglia, tale riflessione auspico aiuti a comprendere che le perdite russe – 363mila uomini, 6.113 carrarmati (il 90% del totale), 24 navi, 11.358 blindati – non sono affatto irrilevanti. Se è vero infatti che la Federazione Russa è 27 volte più estesa territorialmente dell’Ucraina, il numero dei suoi abitanti è appena tre o poco più volte maggiore. La quantità d’apparati necessari alla gestione d’un territorio così vasto è enormemente superiore a quella ucraina. Basti pensare alle sole risorse impiegate nel controllo di confini che sono 15 volte più estesi.
Questo è il motivo per cui – non disponendo d’armamenti sufficienti a sfondarne le difese – Zaluzhnyj ha puntato a fiaccare il contingente russo durante la seconda controffensiva. Per queste ragioni lo slogan duginiano (secondo cui «da Lisbona a Vladivostok tutto sarà Russia») preso in prestito da Putin nella sua campagna presidenziale per ricordare ai suoi poveri sudditi che «la Russia non ha confini» dovrebbe suonare più come un campanello d’allarme che come una minaccia.
di Giorgio Provinciali
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