Zelensky, l’Ucraina e l’Europa
Gli dovremmo dire grazie e invece lo consideriamo un fastidio; lui resiste e noi pensiamo che prima se ne va e meglio è: in ogni comico si nasconde un tragico e Volodymyr Zelensky non fa eccezione
Zelensky, l’Ucraina e l’Europa
Gli dovremmo dire grazie e invece lo consideriamo un fastidio; lui resiste e noi pensiamo che prima se ne va e meglio è: in ogni comico si nasconde un tragico e Volodymyr Zelensky non fa eccezione
Zelensky, l’Ucraina e l’Europa
Gli dovremmo dire grazie e invece lo consideriamo un fastidio; lui resiste e noi pensiamo che prima se ne va e meglio è: in ogni comico si nasconde un tragico e Volodymyr Zelensky non fa eccezione
Gli dovremmo dire grazie e invece lo consideriamo un fastidio. Lui resiste e noi pensiamo che prima se ne va e meglio è. In ogni comico si nasconde un tragico e Volodymyr Zelenskyj non fa eccezione. Dietro di lui c’è un popolo intero. Stanco. Martoriato. Dubbioso. Ma c’è. Per un motivo tanto semplice quanto vero: non sono al sicuro ma sono liberi; se si fossero arresi non sarebbero né liberi né sicuri. Quando (quasi) quattro anni fa i carrarmati russi invasero l’Ucraina per farne un sol boccone, Zelensky aveva la via di fuga pronta e gli Usa pronti ad accoglierlo. Rispose con orgoglio: «Ho bisogno di armi, non di un taxi».
Da quel momento la Russia iniziò a perdere la guerra che Putin non aveva il coraggio di chiamare guerra ma aveva l’oltraggio di definire “operazione speciale”. Talmente speciale che ora arriva il quarto Natale con le bombe al posto delle palle e i soldati invece dei pastori. È così che oggi va il mondo e se non l’abbiamo capito o, peggio, fingiamo di non averlo capito, vuol dire che abbiamo un problema con noi stessi. Perché un mondo completamente in pace non c’è mai stato nemmeno quando eravamo al sicuro nel presepe e sotto l’albero di Natale a cantare “Tu scendi dalle stelle”.
La pace si farà. Perché l’Ucraina è martoriata e la Russia è piena di bare e arriva un momento in cui i popoli fanno la pace perché non hanno più le forze per fare la guerra. È sempre stato così. I sergenti e i generali lo sanno di certo meglio di noi che stiamo sotto un cielo grigio ma senza droni. Ma la pace per un’Ucraina libera e indipendente è cosa diversa da una pace con un’Ucraina dipendente e fragile. L’Ucraina è una cortina. Prima c’era Berlino, oggi c’è Kiev. Lì inizia l’Europa che siamo. Non è questione di trattati, di firme e di accordi. Verranno anche quelli, hanno il loro rilievo. È questione di cultura, di storia, di conquiste.
Anche il caso di Andrij Yermak, travolto dallo scandalo della corruzione, racconta questa storia. Olga Rudenko, direttrice del “Kyiv Independent” lo ha giustamente sottolineato: «Si tratta di una buona notizia. Pensateci: una giovane democrazia come l’Ucraina ha istituzioni indipendenti abbastanza forti da indagare sull’uomo più potente del Paese. E si permette di farlo durante la guerra. L’Ucraina non è soltanto un posto sulla mappa, ma un luogo che vive secondo determinati valori e lotta per essi. Oggi li vediamo, questi valori».
Le democrazie non sono imbelli. La libertà si conquista, si difende, si alimenta. Putin ha fatto un calcolo sbagliato sulla scorta della storia del passato: nel mondo slavo, dopo la fine degli imperi centrali dopo la Grande guerra e dopo la fine disastrosa della Seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica si è regolata secondo la logica del fatto compiuto. In quel mondo valeva quella regola e l’altra metà del mondo lasciava fare perché non aveva né interessi da tutelare né forze da spendere. Metà Europa aveva perso la guerra e non solo non poteva difendersi, non poteva nemmeno parlare. Oggi non è più così. Piaccia o no al signor Putin. Piaccia o no ai non pochi ammiratori del tiranno di Mosca che abbiamo in casa, tanto a sinistra quanto a destra.
Il nazionalismo russo non è più l’unica regola che vale da quelle parti. Comunque finirà la guerra, comunque si farà la pace. Si divideranno questi o quei territori, si lascerà la Crimea, si sottoscriveranno i nuovi trattati, Trump dirà che ha riportato la pace e andrà pure bene così. Ma il risultato che conta davvero è già tra noi: il nazionalismo russo non può più spadroneggiare nel mondo slavo per ricostruire un impero simil-sovietico. La storia non ritorna indietro se non per sosta e per consiglio. L’Ucraina è e vuole restare indipendente. Lì, se vogliamo, nasce la nuova Europa.
di Giancristiano Desiderio
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