Sempre peggio. È come precipitare in un abisso, ogni giorno più giù nell’abiezione.
Sappiamo di cosa sia capace l’uomo in guerra, ma razionalmente rifiutavamo di credere di poter tornare a vedere certe immagini in Europa. Le ultime quarantott’ore sono state devastanti, orrore su orrore dalla città di Bucha, nome che ci è diventato improvvisamente e terribilmente familiare. Mentre si resta senza parole, l’unica cosa sensata da fare per sentirsi ancora uomini è raccogliere prove.
Saremo ripetitivi, ma oltre l’indignazione e la riprovazione l’unica cosa che conti è ricostruire quanto accaduto. Cercare evidenze e testimonianze, ordinare e circostanziare, con l’obiettivo di portare in tribunale i responsabili di quanto stiamo vedendo. Non per lavarsi la coscienza, ma proprio per l’esatto opposto: perché non possiamo fermarci alle reazioni verbali, all’orrore e allo schifo. Chi sono i responsabili, cosa è realmente accaduto: sapere e punire sono imperativi morali.
La nostra è la generazione cresciuta con la consapevolezza dell’orrore di Srebrenica, ci eravamo detti che non avremmo mai consentito un’altra mattanza come quella della ex-Jugoslavia. A vedere le immagini delle città liberate dai russi, ci sembra di assistere al fallimento del genere umano.
La responsabilità politica la conosciamo già e grava sulle spalle di chi questa guerra l’ha scatenata e oggi urla al complotto occidentale per quelle immagini rivoltanti, vive ossessionato e isolato dal mondo a Mosca e si chiama Vladimir Putin.
Non basterà, perché dovremo ricostruire gli ordini e la catena di comando che ha portato a tutto questo.
Con costernazione, non possiamo dirci sorpresi fino in fondo, intanto, perché da settimane gli inviati sul campo ci segnalavano come i civili fossero stati lucidamente trasformati in obiettivi, pur di stroncare la resistenza di un Paese che non molla. Non so quante volte lo abbiamo scritto su La Ragione.
Qui perdevamo tempo con gli amici di Putin e le loro rivoltanti teorie, lì accadeva tutto questo, lo sentivamo ripetere ed eppure non bastava a finirla. Non basterà neppure ora, statene certi, perché all’idiozia non c’è limite.
di Fulvio Giuliani
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