Adesso basta
Adesso basta
Adesso basta
Dai, adesso basta. C’è la guerra a due passi da casa, bisogna essere seri. Bisogna dire la verità alla gente, non impacchettata nel cellophane delle fandonie. Basta con i sondaggi che misurano le coalizioni o decrittano le intenzioni di voto o di scelta (“Sei favorevole o no alla guerra?”), il centrodestra vs centrosinistra che è un tiro a dadi di sigle vuote, i leader politici in posa pensosa che studiano strategie per “evitare lo scontro”. Per qualunque aggregazione partitica o coalizione politica l’asse fondante è la politica estera, la scelta da quale parte stare. A maggior ragione se la diplomazia delle armi scalza l’arma della diplomazia.
Ebbene la verità è che su questo fronte le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra non è vero che sono divise, sono inesistenti. Senza che ciò le spinga a un chiarimento: al contrario, è semina di dissimulazione. È vero, il meccanismo elettorale sia a livello locale che nazionale spinge a coalizzarsi e dunque nella prossima tornata amministrativa di giugno e ancor più alle elezioni politiche del 2023 troveremo negli schermi tv faccioni e pose di presidenti, segretari o coordinatori di partito che distribuiranno a piene mani l’ipocrisia dell’unità, il belletto dei programmi di governo, la bandiera dell’appartenenza. È una spettacolare contraddizione che non diventa un’esimente bensì un’aggravante. La realtà – che fa male, anzi malissimo – è che il quadro politico è spappolato e invece di prenderne atto e correre ai ripari si preferisce continuare a crogiolarsi nell’iperuranio della finzione.
Il discorso è semplice. Se neppure di fronte a un conflitto che riporta in Europa il lugubre crepitio delle armi le forze politiche trovano un idem sentire, una coerenza di posizioni e di idealità suscettibili di divenire vincolo di schieramento, cos’altro deve accadere affinché si registri il default di aggregazioni tenute in piedi come scenari di cartapesta?
Nel centrodestra, Berlusconi organizza scuole di politica non riuscendo neppure a sillabare il nome Putin. Incorona Matteo Salvini – un altro che si faceva fotografare sulla Piazza Rossa e all’Ucraina vuole consegnare armi non letali – «unico leader esistente», sorvolando sul fatto che in Europa lui sta nel Ppe e l’altro con i sovranisti anti Ue. La più coerente e anche la più scaltra è Giorgia Meloni: beh, davvero pensa di poter andare a Palazzo Chigi e governare con compagni di viaggio così irresoluti?
Per non parlare del centrosinistra, dove è in atto una divaricazione strutturale non tanto e non solo su un presunto “riarmo” che esiste solo nelle teste di guerriglieri con pochette ed esoterici giramondo fancazzisti, quanto su un’allucinazione non risolta e irrisolvibile. Quella di una forza politica anti-sistema che qualcuno (vero Pd?) vorrebbe omologare o ‘incivilire’ per meglio controllare e che ogni volta scalcia e si ribella. Il problema non è Giuseppe Conte, presidente di tutti i Consigli ed esegeta del trasformismo senza succedanei. Il problema è che i Cinquestelle non sono coalizzabili pur essendo entrati in tutte le combinazioni di governo, perché il potere piace eccome ma guai ad ammetterlo: la “purezza” che fine fa? È il paradosso che l’Italia si trascina appresso da dieci anni, senza essere capace di risolverlo. L’incongruenza dei due schieramenti rischia di far affondare anche Mario Draghi, la migliore risorsa del Paese. Ma vuoi mettere con l’espugnare il municipio di Taranto o il riconquistare quello di Castelfidardo?
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