Contraerea al volo
Dopo otto anni di guerra Kyiv è pronta a difendersi: un nemico ferito così gravemente può trasformarsi nel più temibile degli avversari.
Contraerea al volo
Dopo otto anni di guerra Kyiv è pronta a difendersi: un nemico ferito così gravemente può trasformarsi nel più temibile degli avversari.
Contraerea al volo
Dopo otto anni di guerra Kyiv è pronta a difendersi: un nemico ferito così gravemente può trasformarsi nel più temibile degli avversari.
Dopo otto anni di guerra Kyiv è pronta a difendersi: un nemico ferito così gravemente può trasformarsi nel più temibile degli avversari.
Siamo nel 2014 e un ufficiale dell’esercito ucraino visita una trincea sulla linea del fronte. Parla con i soldati e osserva le posizioni dei ribelli del Donbass di fronte a lui. Nota delle falle nella linea di difesa nemica e decide che si può organizzare un assalto coordinato con le altre forze nell’area.
Fa segno di portargli la radio militare ma la R105 sovietica fornisce soltanto quello che promette il suo aspetto decrepito, cioè rumore statico e gli insulti del frustrato operatore radio. L’ufficiale tira fuori dalla tasca il suo cellulare e prova a chiamare il comando, ma la ricezione è pessima (tra una tacca e no signal) dato che si trovano in aperta campagna. Decide di tentare allora con un breve sms, sperando che i pochi dati di cui è composto possano trovare la loro via nell’etere. Niente. Un sergente allora si avvicina, si fa consegnare il cellulare, preme “invio” e lo lancia più in alto che può: quando gli riatterra tra le mani, il messaggio è passato. «Qui è l’unico modo per comunicare» spiega. «In aria riesce a prendere meglio».
Era questo il deplorevole stato dell’esercito ucraino quando dovette affrontare le colonne corazzate del colonnello russo Serdjukov, che obliterarono sei decimi degli effettivi di Kyiv.
Flash forward al 2022: l’esercito dei lanciatori di telefoni sta tenendo testa a una delle potenze belliche più vaste del mondo e pochi capiscono come sia possibile. La verità è che un nemico ferito così gravemente si può facilmente trasformare nel più formidabile degli avversari, spronato dal fallimento a perseguire la modernizzazione delle proprie forze armate.
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L’Ucraina è oggi il Paese più simile a Israele. Non perché il suo presidente sia ebreo, ma perché come lo Stato di Ben Gurion si è trovato ad affrontare la minaccia esistenziale portatagli dal suo vicino: lì il mondo arabo, qui la superpotenza russa. Ne ha fatto quindi lo scopo principale della sua politica, superando pesanti e larghi scogli come i ricatti di Trump – che in cambio dell’aiuto militare statunitense chiedeva prove delle condotte criminali del figlio del suo sfidante alla Casa bianca – oppure il conglomerato Ukroboronprom: un carrozzone corrotto e inefficiente che raggruppava tutte le industrie belliche ucraine, istituito dall’ex presidente filorusso Janukovyč per facilitare l’assimilazione con Mosca.
L’esercito ucraino si è riarmato e addestrato, al contrario di quello russo che ha subìto l’incompetenza e la corruzione del ministro Shoygu, capace di invertire la campagna di ammodernamento ed efficientamento del suo predecessore con i risultati che vediamo: a oggi circa 4.500 giovani russi hanno perso la vita in un’aggressione inutile, ingiustificata, folle.
Gli ucraini invece? «Oggi mi hanno chiesto qual è la mia più grande paura in questa situazione. Francamente, la domanda mi ha irritato. Noi, ucraini adulti, non abbiamo tempo per timori e previsioni fosche. Noi sentiamo rabbia e determinazione nel difendere i nostri figli e la nostra terra» risponde Olga Tokariuk, giornalista ucraina a Kyiv.
di Camillo Bosco
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Tag: Ucraina
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